Nota a margine del decreto Bianchi sul consumo di bevande alcoliche
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Ma chi ha detto che anime dannate sono soltanto gli appartenenti al popolo
della notte, quelli che andare a ballare prima dell’una di notte è da burini?
Perché non punire anche il gusto di tirar tardi con gli amici davanti ad un
boccale di birra ché tanto mica ti poni limiti di quanti litri te ne sei bevuti
perché la birra va giù che è un piacere, non solo in discoteca ma anche nel pub
sotto casa?
Insomma, la novità del decreto legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti
modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza
nella circolazione), più noto come decreto Bianchi ed entrato in vigore il 4
agosto scorso, contiene una di quelle disposizioni che, tanto spesso, sono
meritorie nel fine ma improprie nella modalità.
La norma imputata è quella che prevede che tutti i titolari e i gestori di
locali in cui - con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario - si svolgono
spettacoli o altre forme di intrattenimento, congiuntamente all'attività di
vendita e di somministrazione di bevande alcoliche, devono esporre all'entrata,
all'interno e all'uscita dei locali apposite tabelle che riproducano:
a) la descrizione dei sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione
alcolemica nell'aria alveolare espirata;
b) le quantità, espresse in centimetri cubici, delle bevande alcoliche più
comuni che determinano il superamento del tasso alcolemico per la guida in stato
di ebbrezza, pari a 0,5 grammi per litro, da determinare anche sulla base del
peso corporeo.
Chi non osserva questa disposizione è punito con la chiusura del locale da sette
fino a trenta giorni, secondo la valutazione dell'autorità competente.
E’ il ministero della salute che, con proprio decreto, stabilirà i contenuti
delle tabelle da affiggere. Ma che c’azzeccano i titolari dei locali pubblici
con i fessi e si vogliono far male?
La Fipe, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi sempre attenta nella tutela
dei propri associati, ma anche – in tal caso - garante della logica, è riuscita
a far togliere una disposizione (frutto di emendamenti) che imponeva l’obbligo
di mettere a disposizione della clientela alcool test e locali di
“decompressione”. La lucidità e la chiarezza, in cotanta nebbia, spingono a
voler fare luce su alcune questioni tecniche che appare utile riprendere in
considerazione.
La vendita e somministrazione di bevande alcoliche
Alcuni anni fa, un giudice illuminato mandava assolto un contraffattore di CD
con una articolata motivazione che partiva da un presupposto: la desuetudine. La
consuetudine, rilevava citando Tesauro, è una manifestazione della vita sociale
che si concreta in un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità. Ad
essa può essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e
norme (consuetudine interpretativa), ma anche, di fatto, la funzione idonea a
disapplicare la norma scritta (consuetudine abrogativa). Il nostro ordinamento
considera contra legem la consuetudine abrogativa, perché contraria al dettato
dell'art. 8 delle preleggi, che comporta l'applicabilità della consuetudine
(usi) solo se richiamata da leggi e regolamenti. Nessuna norma, invece,
continuava il giudice, vieta la consuetudine interpretativa che, anzi, il
magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari: ad esempio,
quando tende a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari
individuati in un ambiente con un determinato background socioculturale. Senza
entrare nel merito delle complesse questioni connesse all’errore sul fatto e
l’errore sul divieto, in quanto il fine di queste note è solo quello di
sensibilizzare i diversi soggetti coinvolti su un’unica questione, la domanda è
: in che considerazione tenere le sottoindicate disposizioni che, benché tuttora
facenti parte dell’ordinamento giuridico sono - c’è da giurarlo - sconosciute e
in quanto tali disapplicate?
Codice penale: articolo 689: Somministrazione di bevande alcooliche a
minori o a infermi di mente.
L'esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il
quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche
a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di
mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di
un'altra infermità, è punito con l'arresto fino a un anno.
Se dal fatto deriva l'ubriachezza, la pena è aumentata
La condanna importa la sospensione dall'esercizio
Articolo 691. Somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato
di manifesta ubriachezza.
Chiunque somministra bevande alcooliche a una persona in stato di manifesta
ubriachezza è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.
Qualora il colpevole sia esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di
cibi o bevande, la condanna importa la sospensione dall'esercizio.
TULPS (testo unico di pubblica sicurezza) articolo 153.
Agli effetti della vigilanza dell'autorità di pubblica sicurezza, gli
esercenti una professione sanitaria sono obbligati a denunciare all'autorità
locale di pubblica sicurezza, entro due giorni, le persone da loro assistite o
esaminate che siano affette da malattia di mente o da grave infermità psichica,
le quali dimostrino o diano sospetto di essere pericolose a sé o agli altri.
L'obbligo si estende anche per le persone che risultano affette da cronica
intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti.
Articolo 188 regolamento TULPS
I minori degli anni diciotto non possono essere adibiti alla
somministrazione al minuto di bevande alcoliche negli esercizi pubblici, anche
se trattisi di esercizi nei quali la vendita al minuto o il consumo delle
bevande alcoliche non costituisca prestazione unica od essenziale
dell'esercizio.
Compiuta una ricerca giurisprudenziale, e neppure rapida, ponendo come base le
disposizioni sopraindicate, l’esito della ricerca è stato negativo. Che pensare,
quindi, se non che le norme siano state abrogate a insaputa dei più? In un blog,
in questi giorni ho letto l’edizione-evoluta del pensiero di Montesquieu.
“Perché il rispetto delle leggi diventi la normalità, bisogna prima che le
leggi rispettino i cittadini. Se vogliamo avere un vero stato di diritto,
dobbiamo smetterla di fare leggi che funzionano solo se applicate “con buon
senso”: è la legge che deve avere buon senso. Finché questa idea non
diventerà centrale nel dibattito politico, sarà impossibile cambiare le cose sul
serio”.
In attesa che il Ministero della Salute compia le scelte grafiche e di contenuto
dell’avviso che gli esercenti dovranno affiggere all’interno e all’esterno degli
esercizi pubblici, con una ingiustificata discriminazione nei confronti di quei
titolari che – abili imprenditori – vivacizzano le serate dei nottambuli, ai
Comuni l’onere di tutelare la propria comunità. I problemi non si risolvono
affiggendo cartelli. E’ necessario promuovere campagne di sensibilizzazione
nelle scuole, quando si forma o si dovrebbe formare il senso civico dei
cittadini che, da grandi, saranno tutti automobilisti. L’occasione, magari, può
essere rappresentata dall’educazione stradale che molti Comandi di Polizia
Municipale stanno da anni perseguendo per creare ciclisti oggi, automobilisti
consapevoli domani. Il Comune di Gorizia, che quest’anno ha organizzato il
41esimo concorso di educazione stradale per le scuole elementari è, in tal
senso, un buon esempio da seguire. Una partita, comunque, tutta giocata in casa,
quella del corso-concorso di educazione stradale, senza uno straccio di
finanziamento pubblico che avrebbe potuto consentire, invece, con adeguate
risorse disponibili, un intervento più capillare e di maggior impatto. E questa
situazione coinvolge tantissime comunità locali. Motorizzazione Civile,
Automobile Club…, sono tanti i soggetti impegnati in questo campo, ma non c’è
alcuna ombra di dubbio che deve partire dai Comuni, in quella sinergia tra
pubblico e privato costituzionalizzata dall’articolo 118, tra scuola e società,
la strada che crea le condizioni per formare cittadini e automobilisti
consapevoli.
20 agosto 2007