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Gli ausiliari degli imprenditori, titolari di PE, nella regione Veneto. Alcune osservazioni a margine della l.r. 21 settembre 2007, n. 29
 

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            L’articolo 3 (definizioni) della l.r. 21 settembre 2007, n. 29 della Regione Veneto, entrata in vigore il 10 ottobre scorso fornisce, nelle ultime due lettere, rispettivamente lettera m) ed n) dell’articolato elenco, la definizione delle due figure  che, nella regione Veneto, sono chiamate a supportare il titolare dell’impresa nell’esercizio della sua attività. Si tratta, secondo il legislatore regionale, del:
1) procuratore all’esercizio dell’attività di somministrazione: la persona cui è conferita la rappresentanza nell’effettiva conduzione dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande ai sensi dell’articolo 2209 del codice civile;
2) preposto: la persona cui è affidata l’effettiva conduzione del singolo esercizio di somministrazione di alimenti e bevande.

 

La fine del delegato

Il fine del legislatore regionale è stato quello di archiviare la prassi che per più di quindici anni ha caratterizzato il servizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Una prassi che portava ad eludere la disposizione della legge che imponeva la designazione di un delegato in possesso dei requisiti professionali previsti dalla disciplina di settore per l’esercizio dell’attività, nell’ipotesi in cui il legale rappresentante ne fosse sprovvisto.
Il legislatore nazionale, al primo comma dell’articolo 2 della legge 287 del 1991, che fino ai primi di ottobre del 2007 anche nella regione Veneto regolava il comparto della somministrazione, aveva previsto che l'esercizio delle attività di somministrazione fosse subordinato alla iscrizione del titolare dell'impresa individuale o del legale rappresentante della società, ovvero di un suo delegato, nel registro degli esercenti il commercio di cui all'articolo 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426. Ma del delegato, allora, non venne data alcuna definizione. Anche se dal 2006 il registro degli esercenti il commercio è stato abrogato a seguito della prima lenzuolata liberalizzatrice, vale la pena ricordare che l’iscrizione al r.e.c. comportava la dimostrazione del possesso dei requisiti professionali per l’esercizio dell’attività in questione. Il fatto che il legislatore nazionale avesse usato il termine delegato piuttosto che institore o procuratore, aveva prestato il fianco alle più plateali elusioni, compresa quella della nomina, in qualità di delegato del proprio commercialista. Anzi, si era formata una casta di delegati, che prestavano il proprio nome al fine dell’ottenimento dell’iscrizione al sospirato r.e.c.

 

Gli ausiliari dell’imprenditore nel commercio.

Alla data di entrata in vigore della legge 287 del 1991, le disposizioni che regolamentavano i requisiti professionali per l’esercizio dell’attività di commercio (in senso stretto) e di somministrazione, erano contenute nella legge 426 del 1971 che aveva istituito, tra l’altro, il registro esercenti per il commercio nel quale si iscrivevano le persone fisiche intenzionate ad esercitare un’attività commerciale. Detta legge prevedeva una anche una sezione speciale del registro nel quale venivano iscritti i legali rappresentanti delle società e i preposti alla vendita. L’articolo 9 (Elenco speciale) della legge, specificatamente, disponeva che:
Sono iscritti in uno speciale elenco annesso al registro con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 6 e 7 coloro:
1) che siano preposti dal titolare dell'impresa, esercente una delle attività indicate nell'articolo 1, alla gestione di ciascun punto di vendita o di esercizio pubblico, o che, in qualità di institori, siano preposti all'esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare ai sensi dell'articolo 2203 del codice civile;
2) che siano preposti alla gestione di punti di vendita o di esercizio pubblico dagli enti pubblici per i quali la legge e i regolamenti che li disciplinano o gli statuti prevedano l'esercizio delle attività di vendita al pubblico;
3) che siano preposti ai sensi dell'articolo 320, quarto comma, del codice civile all'esercizio di un'impresa che svolga una delle attività indicate nell'articolo 1.
Non dovrebbe essere questa la sede per una disamina, approfondita, delle disposizioni civilistiche, ma si coglie questa opportunità al fine di evidenziare, per ora, che il legislatore nazionale aveva, con le tre ipotesi sopraindicate, preso in esame tutte le diverse possibilità della rappresentanza, sia che questa operi in un’impresa commerciale (punto 1) sia in attività non esercitata in forma imprenditoriale (punto 2) sia, infine, la rappresentanza del minore (punto 3).

 

Le disposizioni del codice civile

La sezione III (Disposizioni particolari per le imprese commerciali) del codice civile disciplina, a differenza della rappresentanza in generale normata dall’articolo 1387, quella commerciale che attribuisce una rappresentanza commisurata alle mansioni svolte. Si tratta, dunque, di una speciale rappresentanza il cui contenuto non scaturisce da una procura, ma costituisce la conseguenza naturale dell’attribuzione del ruolo all’interno dell’impresa. La normativa è contenuta negli articoli dal 2203 al 2213.
Con il regolamento d.m. 375 del 1988, sono state introdotte disposizioni di dettaglio alla disciplina commerciale contenuta nella legge 426 del 1971 e,  quindi, anche con riferimento al registro esercenti il commercio. In particolare, l’articolo 23 (Iscrizione nell'elenco speciale di cui all'art. 9 della legge) del regolamento, al comma 4, prevede che:
4. L'iscrizione nell'elenco speciale può essere ottenuta, oltre che per l'institore, per qualsiasi dipendente dell'impresa o dell'ente pubblico che ne abbia i requisiti.
Questa disposizione, allora, era di portata innovativa perché annullava il principio della personale responsabilità dell’esercizio in capo al soggetto che, in possesso dei requisiti professionali, garantiva il corretto svolgimento dell’attività. In sostanza, con la possibilità di ammettere l’iscrizione al registro dell’addetto alla vendita di cui all’articolo 2210 del codice civile con ciò, automaticamente, era considerata legittima l’ingerenza nella conduzione dell’attività d’impresa al titolare, legale rappresentante, pur in assenza dei requisiti professionali per l’esercizio dell’attività.
La legge 287 del 1991, quindi, all’atto della sua emanazione si collocava in un contesto normativo che poteva anche ammettere l’apertura di un esercizio pubblico i cui requisiti professionali, inderogabili, per l’esercizio dell’attività erano posseduti da un qualsiasi soggetto dipendente dell’impresa.

 

La fine del preposto semplice addetto alla vendita

Ma oggi le cose sono cambiate. Dal decreto legislativo 114 del 1998 alla legge 248 del 2006 è stata rimossa dall’ordinamento tutta la disciplina in materia di registro degli esercenti il commercio1 e, di conseguenza, l’unico preposto che l’ordinamento attualmente conosce è quello definito dall’articolo 2203 del codice civile.

 

Gli ausiliari nella regione Veneto

Riprendendo in esame le disposizioni della legge regionale del Veneto n. 29 del 2007, si rivela opportuna una attenta lettura dell’articolo 3 che detta, appunto, norme in materia di requisiti per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande. In dettaglio, il comma 7, prevede che:
In caso di società, associazioni, organismi collettivi o circoli privati il possesso dei requisiti di cui al comma 6 è richiesto al legale rappresentante o al procuratore all’esercizio dell’attività di somministrazione. Lo stesso soggetto non può contemporaneamente essere procuratore all’esercizio dell’attività di somministrazione per più società, associazioni, organismi collettivi o circoli privati.”

Questa disposizione non è coerente né con la disciplina previgente che aveva affrontato come si è già avuto modo di rilevare, in maniera organica, la questione della rappresentanza nelle imprese commerciali, né con il fine che intendeva perseguire e che è stato dettagliatamente illustrato nella relazione di accompagnamento al ddl. Infatti, con la l.r. 29 del 2007 si precisa “viene introdotta la figura del “procuratore all’esercizio dell’attività di somministrazione”2 definito come colui al quale è conferita la rappresentanza nell’effettiva conduzione3 dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande. È inoltre previsto che lo stesso soggetto non possa essere procuratore per più di un esercizio, proprio perché si vuole che chi è responsabile dell’attività di somministrazione risulti effettivamente incardinato nell’azienda, ponendo termine alla attuale situazione di abusivismo dove molto spesso la stessa persona risulta delegato Rec per molteplici società alle quali di fatto è totalmente estranea.” La nozione di procuratore nel codice civile, spiega F. Galgano nel suo diritto commerciale, non eccelle per chiarezza nel codice civile: essa identifica soggetti che, come l’institore, sono legati all’imprenditore da un rapporto continuativo e sono adibiti a mansioni che li mettono in contatto con i terzi, ma differiscono dall’institore per il fatto che non sono “preposti all’impresa”. Hanno comunque, il potere di compiere per l’imprenditore, spiega sempre Galgano, atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, ma questo, conclude Galgano, non può significare aver ricevuto dall’imprenditore i poteri di rappresentanza necessari per compierli. Se, in sostanza, il titolare dell’impresa non ha i requisiti professionali per esercitare l’attività, come può il procuratore compierli per suo conto? Non a caso, come si è avuto modo di accennare, la legge 426 del 1971 originariamente prevedeva l’assegnazione della rappresentanza all’institore in quanto preposto all’esercizio dell’impresa o di un suo ramo. L’institore è sì un ausiliario dell’imprenditore, ma a lui spetta un rilevante potere di gestione con ampia autonomia di iniziativa; insomma fa l’imprenditore. Le sue mansioni hanno particolare importanza, essendo egli l’alter ego dell’imprenditore, ma in possesso dei requisiti professionali per esercitare l’attività. Questo potere (l’alter ego) di gestione non risulta, invece, in capo al procuratore.

La legge regionale 29 del 2007 affronta un’ulteriore questione degna di nota: l’effettiva conduzione dell’esercizio. Non è cosa di poco conto, in quanto gli esercizi di somministrazione hanno tuttora una disciplina a doppio binario: commerciale e di testo unico di pubblica sicurezza. In base al t.u.l.p.s. le licenze sono personali ed è possibile prevedere un rapporto di rappresentanza soltanto nei casi previsti dalla legge. Ma che cosa si intende per rappresentanza? Anche se il testo unico di p.s. è stato scritto ben prima del codice civile, è difficile immaginare ad un concetto di rappresentanza commerciale diverso da quello precedentemente analizzato. Ed, infatti, la medesima disciplina regolamentare che aveva normato la sezione speciale dei preposti aveva previsto l’iscrizione dei rappresentanti di cui all’art. 93 del t.u.l.p.s. in tale sezione. In pratica, la sezione in cui andavano iscritti i preposti institori, i dipendenti degli enti pubblici addetti alla vendita e coloro i quali avevano la rappresentanza dei minori. In che modo, quindi, leggere oggi il comma 8 dell’articolo 4 della l.r. 39?

8. Qualora il titolare dell’impresa, o il legale rappresentante, o il procuratore di cui all’articolo 3, comma 1, lettera m), non provvedano direttamente all’effettiva conduzione dell’esercizio, è nominato un preposto in possesso dei requisiti morali e professionali di cui ai commi 1 e 6.

Apparentemente non ci dovrebbero essere dubbi interpretativi. Il titolare dell’impresa o chi per lui, possono avere bisogno di un ausiliario se non provvedono direttamente all’effettiva conduzione dell’esercizio. Ma che cosa si intende per effettiva conduzione dell’esercizio? Nella relazione di accompagnamento, è osservato che il preposto è “la persona a cui è affidata l’effettiva conduzione del singolo esercizio di somministrazione quando il titolare, se persona fisica, o il legale rappresentante o il delegato, in caso di società, siano in possesso di più autorizzazioni. Ed ancora. “Il preposto dovrà possedere i requisiti morali e professionali richiesti per l’esercizio dell’attività di somministrazione, ma non sarà responsabile delle violazioni di norme materialmente commesse.”
Relativamente a queste considerazioni, va osservato innanzitutto che il termine preposto, a questo punto della legge, è stato usato in maniera a-tecnica. Come si è avuto modo di approfondire, preposto-institore è il soggetto al quale il titolare dell’impresa trasferisce la responsabilità della gestione dell’impresa stessa. Altri preposti l’ordinamento non ne conosce, al di fuori della legge qui posta in esame. In base alla l.r. 29 del 2007, il titolare di più esercizi dovrebbe nominare un responsabile per ogni esercizio di cui abbia la titolarità. A giudizio di chi scrive, la Regione Veneto, chiamando in causa il Ministero dell’Interno, ha equivocato sul termine “rappresentanza” . La personalità della licenza  non ha mai reso indispensabile la presenza in loco 24 ore su 24 del titolare dell’impresa e nel caso di una materiale ed evidente impossibilità la nomina di altrettanti rappresentanti. Se così fosse, in ogni esercizio pubblico dovrebbero operare  tanti dipendenti qualificati (secondo la Regione Veneto preposti) quanti sono i turni di lavoro. Nessuno, finora, ha forzato un’interpretazione di questo tipo che, peraltro, non ha ragione d’essere.

Come armonizzare, quindi, questi ausiliari dell’imprenditore commerciale per rendere coerenti le norme della legge regionale 29 del 2007 con le figure professionali previste dal codice civile? L’operazione di coordinamento delle disposizioni è indispensabile perchè gli effetti pubblicistici garantiti dal registro delle imprese delle camere di commercio competenti per territorio, esclusivamente per le figure disciplinate dal codice, sono lo strumento che attua al fine fine l’obiettivo perseguito dal legislatore: la tutela del consumatore. Il mezzo per ottenere il risultato, è l’introduzione nel regolamento comunale4 di una disposizione il cui contenuto potrebbe essere il seguente:

Art. xx Requisiti professionali
1. In riferimento agli articoli 2 e 4 della l.r. 29 del 2007, il possesso del requisito professionale è dimostrato dal titolare, dal legale rappresentante o dal preposto di cui all’articolo 2203 codice civile.
2. La mancata effettiva gestione dell’esercizio da parte del titolare o del legale rappresentante in possesso dei requisiti professionali, comporta la nomina di un procuratore.
3. La prova dell’attività mediante preposizione si ricava dal registro imprese della camera di commercio.
4. La mancata effettiva conduzione dell’esercizio da parte del titolare, del legale rappresentante o dell’ altra persona specificamente preposta all’esercizio, comporta l’obbligo del possesso dei requisiti professionali previsti per l’esercizio dell’attività per il dipendente dell’impresa incaricato.

 

20 ottobre 2007

_______________________________________________________

 

1Si veda, a tale proposito, l’articolo 3, comma 3 della legge Legge 4 agosto 2006, n. 248

2Nelle definizioni, all’articolo 3, comma 1, lettera m) della l.r. 29/2007 è disposto che: procuratore all’esercizio dell’attività di somministrazione è  la persona cui è conferita la rappresentanza nell’effettiva conduzione dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande ai sensi dell’articolo 2209 del codice civile;

3Secondo il dizionario enciclopedico Treccani per conduzione deve intendersi la locazione o la gestione di un locale o di un’attività. Pur in presenza di un termine ambiguo ne scaturisce comunque il significato di direzione. Il Legislatore veneto fa coincidere, invece, il significato del termine di conduzione indifferentemente con quello di direzione e quello proprio del mero addetto alla vendita o, nel caso, in esame, addetto alla somministrazione.

4A seguito della novella costituzionale dell’articolo 117 e le relative norme di attuazione contenute nella legge La Loggia l. 131 del 2003, ai comuni è attribuita la potestà regolamentare per l’esercizio delle funzioni a loro attribuite con la conseguente cedevolezza delle norme statali e regionali che non siano di principio.

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