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Piccoli gesti per dare fiducia alle istituzioni
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Lo Stato cattivo maestro! Se FORUM PA pubblicizza di anno in anno le best practices, ovvero le esperienze più significative o dai migliori risultati
adottati in diversi contesti dalla pubblica amministrazione, dall’altro, piovono
ogni giorno (ma sembra senza colpo ferire) mazzate che minano la credibilità del
nostro Paese. L’ultima è quella diffusa dal sempre aggiornato sito
www.poliziamunicipale.it in tema di photored. Chi non ha ricevuto
almeno una contestazione per aver superato la linea di arresto con il semaforo
(inconsapevolmente) rosso non ha la minima idea di quale e quanta rabbia
determina la lettura delle disposizioni che regolano la materia e che, alla fin
fine, per la loro farraginosità sono causa di interpretazioni contrastanti. Di
ieri, la notizia che il Ministero dell’Interno ha comunicato alla Prefettura di
Lodi, da tempo in prima linea per approfondire queste questioni, che
l’installazione dei sistemi fotografici devono essere autorizzati dalle
prefetture. Come non dare torto a questa interpretazione se, oggi, le migliaia
di infrazioni contestate rappresentano un problema sociale e, quindi, di ordine
pubblico? Insomma, la genericità delle disposizioni del nostro ordinamento che
era vanto del sistema giuridico di civil law perché consentiva di adeguare le
stesse all’evoluzione dei tempi, si sta rivelando un boomerang. Se, poi,
all’aspetto della genericità della disposizione si associa la mancata
trasparenza della stessa è facile pervenire alla conclusione che non c’è via
d’uscita se non vengono adottate serie misure correttive del sistema diventato
insostenibile. Non bastano più le circolari del Ministero della Funzione
Pubblica sulla qualità della pubblica amministrazione, non basta la minaccia di
punire i dirigenti se non rispettano i tempi per la conclusione dei
procedimenti. E’ necessario rendere obbligatorio il sistema della customer
satisfaction e rendere reale e non virtuale il sistema del controllo di gestione
che, nelle intenzioni del legislatore, doveva diventare il parametro sul quale
misurare la capacità gestionale della dirigenza e che, nei fatti, si sta
rivelando più formale che sostanziale.
Gli esempi di worst practices, di cui siamo a conoscenza per la materia di cui
ci occupiamo, purtroppo, non si contano sulle dita di una mano. Il mancato
adeguamento da parte delle regioni alle politiche di liberalizzazione avviate
dal Ministro Bersani, con la difficoltà per gli operatori del settore, di
individuare la disciplina di riferimento e di imbarcarsi, quindi, in ricorsi
dall’esito certo è il più eclatante, il vertice dell’iceberg. La mancata
attivazione degli sportelli unici per le attività produttive con il
trasferimento dell’esercizio di tutte le funzioni ai comuni, così come previsto
più di dieci anni fa dalla legge 59 del 1997 in base al principio di
sussidiarietà verticale è l’altro più evidente. La disciplina in materia di
gioco d’azzardo resa sempre più farraginosa, e ormai di impossibile
sistematizzazione, da far suggerire alle commissioni parlamentari
l’inderogabilità di un testo unico della materia da parte di un legale,
diventato esperto della materia e, quindi, contro il suo interesse, è il più
paradossale. E’ troppo inquietante una disposizione contenuta nel decreto
emanato dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato il 17 maggio 2006
per non darne conto in queste righe, come peggior esempio di una disciplina. Con
questo decreto vengono fissati i requisiti morali che devono essere posseduti
dai raccoglitori delle giocate di quelle macchine che, senza tanti giri di
parole, hanno legittimato in Italia il casinò diffuso. A questi futuri
imprenditori, nell’ambito di una autocertificazione (la cui mendacità ben si sa
comporta conseguenze penali) si richiede di dichiarare l'insussistenza, negli
ultimi cinque anni, di condanne “per fattispecie previste all'art. 110, comma 9,
del t.u.l.p.s., antecedentemente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 543,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266”. Insomma, tutto chiaro e trasparente, come
richiesto dal Ministro Nicolais.
Dire che siamo senza speranza non appartiene alla nostra cultura di innovatori.
Che fare, quindi, per contribuire a migliorare la situazione in quello che
possiamo definire come il livello di base della pubblica amministrazione? Gli
esempi di best pratices ci sono: aumentare l’orario di apertura al pubblico
degli uffici, rendere disponibili nel sito internet del comune (peraltro
obbligatorio) il numero di telefono di tutti gli uffici, il nome del
responsabile dei diversi procedimenti, il relativo indirizzo di posta
elettronica; supportare gli amministratori per l’attività del Consiglio delle
autonomie, attivare esperienze di bilancio partecipato; rendere noti gli ordini
del giorno degli organi collegiali e i provvedimenti adottati. Insomma,
qualcosa, se si vuole, si può fare.
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