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Il Farmer’s market nella regione Veneto
 

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Come è ben noto, la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione” ha mutato l’ordine dei rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale, nel senso che la potestà legislativa dello Stato sussiste soltanto ove dalla Costituzione sia ricavabile un preciso titolo di legittimazione. Alla luce del nuovo criterio di individuazione degli ambiti di potestà legislativa attribuiti allo Stato e alle regioni,  le materie dell’agricoltura e del commercio, e - si aggiunge - quella del turismo, sono inconfutabilmente attribuite alla potestà normativa delle regioni, come ha avuto modo anche di precisare la Corte Costituzionale con la sentenza 339 del 2007, pronunciata a seguito di ricorso per il giudizio di incostituzionalità della legge 20 febbraio 2006, n. 96 “Disciplina dell’agriturismo”.

Benché un eventuale interrogativo sulla legittimità costituzionale della norma statale che istituisce il Farmer’s market sarebbe più che legittimo, nessuno l’ha ancora sollevato, probabilmente perché, essendo una norma di facciata,  crea una situazione che per tutti è di comodo.

Sbucato dal cappello della legge finanziaria di un anno fa, il contenitore dove trovano ospitalità i “contentini” a una parte e all’altra del Parlamento, il comma 1065, abominevole esempio di malgoverno generalizzato perché viola le più banali regole di legistica ed elude platealmente l’articolo 72 della Costituzione, pare essere l’uovo di colombo per contenere l’inflazione dei prezzi. Ma è bene sgombrare il campo da qualsiasi elemento di novità, tenuto conto che da sempre ai produttori e agli imprenditori agricoli è consentito vendere nei mercati pubblici ed anzi, da vent’anni almeno, c’è anche l’obbligo di riservare nei mercati comunali un’area apposita per i produttori.

Comunque, se si vorrà raggiungere l’obiettivo del Mipaaf, brutto acronimo che definisce il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che ha previsto la realizzazione di cento farmer’s markets entro il 2008 con un coinvolgimento di circa duemila imprese agricole, e cinquecento entro il 2010, con ottomila aziende agricole interessate   e con un giro d’affari stimato tra i 100 e i 150 milioni di euro, è bene correre ai ripari sistematizzando ed interpretando la disciplina perché, ad esempio nella regione Veneto, regione agricola per antonomasia, qualche ostacolo è frapposto.

La legge regionale Veneto del 6 aprile 2001 n. 10 recante (Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche) all’articolo 2 “Compiti dei Comuni”, dispone che:

1. I comuni, nel rispetto dei criteri regionali di cui al comma 7, sentite le rappresentanze locali delle associazioni degli operatori del commercio su aree pubbliche e delle organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale, entro centottanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione del Veneto dei criteri stessi:
a) approvano il piano del commercio su aree pubbliche, determinando l'ampiezza complessiva delle aree destinate all'esercizio dell'attività, individuando i mercati o le fiere, approvando i relativi regolamenti, le modalità di assegnazione dei posteggi, determinando i settori merceologici dei singoli posteggi all'interno dei mercati e nei posteggi isolati, oltre che le eventuali tipologie merceologiche dei singoli posteggi, la superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate agli agricoltori che esercitano la vendita dei loro prodotti.

Con successivi provvedimenti, delibera della Giunta regionale 20 luglio 2001 n. 1902 e  2 agosto 2005 n. 2113 sono stati individuati i criteri applicativi ai sensi dell'art. 1, comma 7 e dell'art. 3, comma 1 della l.r. 6 aprile 2001, n. 10 "Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche". Per quanto riguarda il lavoro in corso, la disposizione rilevante è il comma 16 del titolo II, il quale prevede che:

16. La concessione del posteggio per i produttori agricoli ha durata decennale ed è rilasciata per un utilizzo annuale, stagionale o per periodi inferiori, strettamente correlati alla fase di produzione dei beni da porre in vendita. A tal fine il Comune, in sede di definizione del piano per il commercio su aree pubbliche può determinare le tipologie merceologiche dei posteggi riservati agli agricoltori, con particolare riguardo alle produzioni tipiche del territorio, legandole ai relativi periodi di produzione. Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a) della l.r. 10/2001 non possono essere istituiti mercati riservati ai produttori agricoli. È possibile l'istituzione di un singolo posteggio isolato riservato ai produttori agricoli.
È consentita la cessione del posteggio da parte dell'agricoltore unitamente all'azienda agricola di riferimento.

In pratica, allo stato delle disposizioni in essere, nel territorio della regione Veneto è inibito l’allestimento di farmer’s markets, perlomeno su area pubblica. Ma è evidente che un vincolo di questo tipo mal si coniuga con il fine che la disposizione contenuta nella finanziaria di un anno fa intende perseguire, e la cui validità è incontestabile e, di conseguenza, qualche approfondimento è d’obbligo.

Linee guida, criteri, direttive: la riforma costituzionale del 2001 che ha modificato l’intero impianto dei rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali, non ha fatto venir meno l’abitudine ad emanare atti la cui collocazione mal si pone all’interno della gerarchia delle fonti. Oggi, l’ articolo 117.6 (di che legge? Con il punto in mezzo?) riconosce agli enti locali “potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite” e l’articolo 4, comma 4 della legge 131 del 2003 (legge La Loggia) ha cercato di definire  con maggior precisione l’ambito di competenza prevedendo che:

La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.

Programmando, anche,  al comma 6 che:

6. Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali, fermo restando quanto previsto dal presente articolo.

Più precisa, sotto questo punto di vista è stata la Regione Friuli Venezia Giulia che, con la legge regionale 9 gennaio 2006 n. 1 “Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia”, all’articolo 13, “Regolamenti”, ha previsto che: 

1. L'organizzazione e lo svolgimento di funzioni di propria competenza sono disciplinati, in armonia con i soli principi fondamentali eventualmente previsti dalle leggi regionali in ordine ai requisiti minimi di uniformità, nonché nel rispetto delle norme statutarie, dai Comuni e dalle Province con appositi regolamenti.
2. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge, la procedura di approvazione dei regolamenti è fissata dallo statuto.
3. I regolamenti sostituiscono la disciplina organizzativa e procedurale eventualmente dettata dallo Stato o dalla Regione con legge o regolamento. Fino all'adozione dei regolamenti degli enti locali si applicano le vigenti norme statali e regionali e i regolamenti attualmente vigenti, in quanto compatibili con la presente legge.

Requisiti minimi di uniformità, principi, disposizioni attuative… insomma, la questione è sempre la stessa: è la teoria che assume il compito di individuare i criteri con cui l’interprete “mette a sistema” le fonti. Qui però la teoria si inceppa, per difficoltà insormontabili: la prima è che non c’è nessun mezzo logico, nessun criterio teorico, nessun espediente pratico che consenta di distinguere in concreto tra ciò che è “principio” e ciò che è “dettaglio”: per cui la distinzione si rivela impraticabile1. Tuttavia, fermo restando che il criterio gerarchico ordina i rapporti tra la legge e il regolamento, nel caso in esame il problema non si pone in quanto il rapporto è tra i “criteri regionali” e il “regolamento” che il comune emanerà. Quindi, anche nell’ipotesi in cui ai criteri si volesse attribuire dignità di regolamento, subentrerebbe il criterio della competenza che trova, oggi, copertura costituzionale. In pratica, allo stato attuale, i comuni della regione Veneto devono rispettare nell’istituzione, organizzazione e funzionamento dei mercati su aree pubbliche, i criteri che la Regione ha emanato nel 2001. Ma questi criteri regionali cederanno davanti al regolamento che il comune non mancherà di adottare qualora decidesse di realizzare nel proprio territorio un Farmer’s market o anche soltanto dettare una disciplina più specificatamente adeguata al proprio territorio.

15 marzo 2008

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1In tal senso R.BIN  Il sistema delle fonti in http://www.forumcostituzionale.it che, seppur trattando delle leggi statali e regionali nel sistema precedente alla riforma del Titolo V Cost. rileva come l’unico criterio valido fosse, allora, quello cronologico.
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