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Le tradizioni culinarie vanno riviste, e sostituiti gli ingredienti base, se la materia prima appartiene a quella specie che la legge in materia di caccia intende tutelare. E’ costata cara ad una ristoratrice di Vicenza l’aver cucinato per i suoi clienti polenta e osei , perché la legge 11 febbraio 1992 n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio", all’articolo 32 (Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio) prevede che:
1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 30, nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa dispone:
lettera a), b) c) – omissis –
d) la chiusura dell'esercizio o la sospensione del relativo provvedimento autorizzatorio per un periodo di un mese, nel caso previsto dal predetto articolo 30, comma 1, lettera l); nelle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale, la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.
E così, la giustizia ha seguito il suo corso e il Tar Veneto, terza sezione, con sentenza 444 del 25 febbraio 2008, ha ritenuto legittimo l’ordine di chiusura del ristorante per un mese disposta dal questore e non ha accolto la richiesta presentata dalla titolare del ristorante di poter scontare la sanzione (di cui mai ha negato esistessero i presupposti) di chiusura del locale ripartendola tra più periodi di scarsa affluenza della clientela, ovvero durante le ferie estive del suo esercizio. Tutto ciò, precisa il Tribunale, “è evidentemente incompatibile con la norma di legge – la quale vincola l’Amministrazione quanto alla durata della chiusura – o con i principi in materia di sanzioni, afflittive o ripristinatorie che esse siano. In pratica, precisa il Tar di Venezia, “all’interessata era stato dato modo di partecipare al procedimento per la formazione dell’atto. Ed è in quella fase che avrebbe potuto appropriatamente fornire le proprie difese, mentre si è sostanzialmente limitata a chiedere la ricordata distribuzione della sospensione.” La singolare richiesta, quindi, di rateizzazione della sospensione della chiusura non poteva essere accolta dopo il decreto penale di condanna non opposto, del Tribunale di Vicenza che riconobbe la ristorantrice che “cucinava – al fine di servirli alla clientela – centoventotto uccelli appartenenti a fauna selvatica e in gran parte a specie nei cui confronti la caccia non è consentita” responsabile del reato previsto dall’articolo 30 della legge 157 del 1992.
A margine di questa sentenza si rileva che, a giudizio di scrive, l’ordinanza di sospensione della licenza di esercizio, in casi come quello trattato dal Tar Veneto, non rientra tra le competenze del questore bensì al soggetto al quale la legge attribuisce la competenza al rilascio del titolo autorizzatorio. Le motivazioni sono state in maniera approfondita, illustrate nella nota a sentenza n.69 del 13 febbraio 2008 Tar Lombardia e disponibile
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