Risposta: Negli Stati Uniti o in Australia hanno iniziato, per primi, a farlo. Poi, bere dalla bottiglia è diventato trendy. E gli italiani, che amano omologarsi, gli sono andati dietro, con buona pace dei titolari dei pubblici esercizi ai quali non è parso vero di risparmiare sui bicchieri. Premesso l’aspetto storico-sociale della vicenda la questione è seria, perché il bere in bottiglia che, di per sé può piacere o meno, si associa ad altro vezzo: quello di abbandonare la bottiglia dove capita, anziché riportarla all’interno del pubblico esercizio o gettarla nel cestino dei rifiuti. Ahimé, il senso civico costa fatica. Come rimediare quindi a questa situazione, ovvero, coniugare la nuova abitudine con il diritto dei residenti di non trovarsi a camminare tra i cocci?
Nonostante abbia ormai più di 70 anni ci può venire in aiuto il t.u.l.p.s., al cui interno si trovano ancora quelle disposizioni che consentono di porre delle prescrizioni per l’esercizio dell’attività che, se non vengono rispettate, possono anche comportare la sospensione dell’attività.
Del resto, la giurisprudenza, e si cita soltanto il Tar Veneto:
“E' legittima l’ordinanza del sindaco del Comune di Legnaro (Padova) che limita l'orario di apertura dei pubblici esercizi per rendere compatibile l’orario dei PE con la tutela della quiete pubblica, causa l'abitudine praticamente incoercibile dell’utenza a trasferirsi all’esterno dei locali, senza percezione alcuna della distinzione tra le ore del giorno e della notte. In tal senso la sentenza della sezione III del 20 novembre 2007 n. 3708” o più recentemente quello dell’Emilia Romagna (ordinanza Cofferati). Insomma qualcosa si sta muovendo.
Di conseguenza, la procedura che si consiglia di seguire è la seguente, fermo restando che l’iniziativa può essere generale o anche indirizzata soltanto a quegli esercenti nei cui confronti ci siano state delle lamentele da parte dei residenti della zona. Si tratta, ovviamente, di indicazioni che possono essere modificate e/o integrate in base alla realtà oggettiva del caso specifico.
1) Diffida a consegnare ai frequentatori del locale la bevanda in bottiglia anziché in bicchiere dopo le ore (undici?) precisando che in caso di persistenza del problema:
a) non sarà consentito l’utilizzo di bicchieri in vetro;
b) sarà disposta la chiusura anticipata dell’esercizio;
c) sarà sospesa l’attività, per un giorno, due giorni ecc.
Disposizione di riferimento:
t.u.l.p.s.
Oltre le condizioni stabilite dalla Legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse.
Giurisprudenza:
L'esercizio dei poteri di cui all'art. 9, r.d. n. 773 del 1931, t.u.l.p.s. (il quale stabilisce che « Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse ») almeno nel caso in cui le prescrizioni emesse non presentino contenuto generale, ma integrino una determinata autorizzazione, in relazione a specifiche e concrete esigenze, è da ritenersi costituisca atto di concreta gestione, ed appartenga pertanto, ai sensi dell'art. 107, d.lg. n. 267 del 2000, alla competenza del dirigente che ha emanato l'autorizzazione cui inerisce, e non a quella del sindaco (nella fattispecie si trattava di provvedimento emesso dal Comune di Venezia, Direzione sportello unico).
T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 16 novembre 2005 , n. 3952
Soc. Cotton Club S.n.c. c. Com. Venezia e altro
Foro amm. TAR 2005, 11 3477 (SOLO MASSIMA)
La formulazione letterale dell'art. 9 r.d. 18 giugno 1931 n. 773, che attribuisce alla pubblica autorità il potere di ordinare la chiusura anticipata di un pubblico esercizio, consente anche di modificare l'orario di apertura e di chiusura di singoli esercizi.
T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 14 aprile 2003 , n. 999
Soc. Woody Guthrey c. Com. Gallarate
Foro amm. TAR 2003, 1161 (s.m.)