: La l.r. 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti) detta, in parte, le disposizioni utili al caso in esame.
TITOLO II - DISCIPLINA DELL’ATTIVITÀ COMMERCIALE
Capo III - Commercio in sede fissa
Articolo 16: Commercio al dettaglio negli esercizi di vicinato.
1. L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superfi cie di vendita fi no ai limiti di cui all’articolo 15, comma 1, lettera d) e la modifica di settore merceologico di un esercizio di vicinato sono soggetti a previa dichiarazione di inizio di attività, ai sensi della normativa vigente, al comune competente per territorio e possono essere effettuati dalla data di ricevimento della dichiarazione.
2. L’attività di vendita è esercitata nel rispetto delle vigenti norme in materia igienico-sanitaria, di edilizia, di urbanistica, di sicurezza e di destinazione d’uso dei locali.
3. L’attività di vendita di prodotti alimentari negli esercizi di vicinato è soggetta al rispetto delle disposizione previste dal decreto del Presidente della Giunta regionale 1 agosto 2006, n. 40/R (Regolamento di attuazione del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari e del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifi che in materia di igiene per gli alimenti di origine animale).
4. Negli esercizi di vicinato abilitati alla vendita dei prodotti alimentari è consentito il consumo immediato dei medesimi prodotti, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda con esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle norme vigenti in materia igienico-sanitaria.
5. Ai fini di cui al comma 4 per locali dell’esercizio si intendono i locali e le aree individuati nella dichiarazione di inizio di attività di cui al comma 1.
All’interno del codice del commercio della regione Toscana, è presente un altro riferimento agli aspetti igienico-sanitari e, specificatamente, sanzionatori.
TITOLO II - DISCIPLINA DELL’ATTIVITÀ COMMERCIALE
Capo XIV - Monitoraggio, vigilanza, sanzioni e decadenze
Sezione III - Sanzioni
articolo 102. Sanzioni per l’attività di commercio al dettaglio in sede fissa e per la vendita della stampa quotidiana e periodica
1. Chiunque esercita l’attività di commercio al dettaglio in sede fissa e l’attività di vendita della stampa quotidiana e periodica senza autorizzazione o altro titolo abilitativo ovvero senza i requisiti di cui agli articoli 13 e 14, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500 a euro 15.000 e alla chiusura immediata dell’esercizio.
2. Per ogni altra violazione delle disposizioni del titolo II, capi III, IV, VIII, IX, X, XI e XII, nonché di quelle contenute nel regolamento di cui all’articolo 3, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 3.000.
2 bis. Alla violazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, comma 2 del d.l. 223/2006, come convertito dalla l. 248/2006 e di cui all’articolo 18 bis, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 3.000.
3. Qualora venga rilevata la mancanza dei requisiti igienico-sanitari, edilizi o di sicurezza necessari per il rilascio dell’autorizzazione o del titolo abilitativo negli esercizi di cui al presente articolo, è disposta la sospensione dell’attività, assegnando un termine per il ripristino dei requisiti mancanti.
Dalla lettura delle disposizioni sopraevidenziate (comma 2) dell’articolo 16 appare evidente che l’attività commerciale può essere, legittimamente, esercitata soltanto a determinate condizioni e, tra queste il rispetto delle norme igieniche-sanitarie. Si rileva, ancora, ai sensi del comma 3 dell’articolo 102 che l’accertamento della mancanza dei requisiti comporta la sospensione dell’attività per il periodo necessario al ripristino dei requisiti mancanti.
In questi ultimi anni, la disciplina in materia igienico – sanitaria è andata progressivamente modificandosi fino ad arrivare all’emanazione del cosiddetto pacchetto igiene contenente disposizioni di rango comunitario, con il trasferimento in capo all’operatore delle verifiche e controlli che, precedentemente, erano oggetto di parere preventivo da parte dell’Asl. Tuttavia, il rispetto delle norme igienico-sanitarie o meglio ancora, la disciplina sanzionatoria per l’inosservanza delle disposizioni igienico sanitarie è stata, fin dalla fine degli anni ’90, oggetto di una specifica disciplina in attuazione della legge 25 giugno 1999 n. 205. Si tratta del decreto legislativo 30 dicembre 1999 n. 507. Il TITOLO I reca norme di “Riforma del sistema sanzionatorio in materia di alimenti”. L’articolo 8 di tale decreto legislativo, dispone che:
art 8. Chiusura dello stabilimento o dell'esercizio per mancanza dei requisiti igienico-sanitari.
1. Gli organi della pubblica amministrazione incaricati della vigilanza sull'osservanza delle disposizioni in materia di produzione, commercio ed igiene degli alimenti e delle bevande dispongono la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio nei casi di insussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessari ai fini del rilascio dell'autorizzazione sanitaria.
2. Il provvedimento è immediatamente revocato se la situazione viene regolarizzata.
3. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 3 del presente decreto, dall'articolo 517-bis del codice penale, dall'articolo 12-bis e dal primo comma dell'articolo 15 della legge 30 aprile 1962, n. 283.
Sull’interpretazione di questa disposizione, è utile la lettura della sentenza Tar – Abruzzo, sezione L’aquila n. 12 del 27 gennaio 2004. In tale sentenza, l’Organo di giustizia amministrativa rileva che: In diritto, la questione su cui il Collegio è chiamato a pronunciarsi sta nel decidere se la competenza a intervenire nel caso di specie (trattasi di attività soggetta ad autorizzazione sanitaria sprovvista del titolo) spetti all’azienda unità sanitaria locale a mezzo del proprio servizio veterinario o spetti invece al comune, e specificamente al sindaco, quale autorità sanitaria locale. Al riguardo si deve anzitutto osservare che l’art.8 del D. lgs. n.507/99 (sotto la rubrica “chiusura dello stabilimento o dell'esercizio per mancanza dei requisiti igienico-sanitari”) dispone (al primo comma) che “gli organi della pubblica amministrazione incaricati della vigilanza sull'osservanza delle disposizioni in materia di produzione, commercio ed igiene degli alimenti e delle bevande dispongono la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio nei casi di insussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessari ai fini del rilascio dell'autorizzazione sanitaria” e aggiunge (al secondo comma) che “il provvedimento è immediatamente revocato se la situazione viene regolarizzata”.
Non vi è dubbio ora che organo incaricato della vigilanza (sull'osservanza delle disposizioni in materia di produzione, commercio ed igiene degli alimenti e delle bevande) sia l’ausl attraverso i propri servizi, i quali, appunto nell’esercizio del potere di vigilanza, verificata l’insussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessari ai fini del rilascio dell'autorizzazione sanitaria, possono disporre “la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio”, chiusura che lo stesso organo che l’ha disposta provvederà immediatamente a revocare “se la situazione viene regolarizzata”.
In sostanza, dalla lettura della norma emanata in materia di depenalizzazione, pare esclusiva la competenza a disporre la sospensione dell’attività da parte del soggetto che ha accertato l’infrazione. Ci si può chiedere, a tale proposito quale possa essere il campo di intervento del Comune che ha anche il potere di disporre la sospensione dell’attività per motivi igienico sanitari. In merito a tale ipotetica questione, allo stato attuale, l’unico esempio specifico a cui si può ricorrere è la mancanza dell’agibilità che, si ricorda, riconducibile al testo unico delle leggi sanitarie. Comunque, tenuto conto che l’ordinanza è già stata emessa, c’è da valutare come intervenire se l’ordinanza stessa non viene rispettata. Dalla lettura delle disposizioni regionali non pare esistano possibili via di uscita. In pratica, l’inosservanza dell’ordinanza potrebbe comportare l’esercizio dell’attività in carenza di titolo autorizzatorio, anche se l’ordinanza di chiusura dell’esercizio non faceva riferimento alla sospensione di efficacia di tale titolo.
L’attività agrituristica
Più semplice è esaminare la questione connessa all’eventuale mancato rispetto dell’ordinanza per l’attività ricettiva da parte dell’impresa agrituristica. L’articolo 24: (Sanzioni amministrative pecuniarie) della l.r. 23 giugno 2003, n. 30 (Disciplina delle attività agrituristiche della Toscana) , al comma 1, dispone che:
1. L'imprenditore agricolo che esercita, anche in forma occasionale, le attività agrituristiche, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 8, è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 500,00 a 3.000,00 euro. Il comune con propria ordinanza dispone la chiusura dell'esercizio aperto senza l'autorizzazione. L'autorizzazione non può essere concessa all'imprenditore responsabile dell'infrazione di cui al presente comma nei dodici mesi successivi all'emissione dell'ordinanza.
L’articolo 8 che individua, tra le altre cose,i requisiti di onorabilità, fa riferimento agli articolo 11 e 92 del t.u.l.p.s. con ciò facendo rientrare la disciplina nell’ambito del testo unico di pubblica sicurezza. Anche l’articolo 25, al comma 5, fa riferimento al dpr 616/1977, con ciò operando un rinvio alla disciplina contenuta nel già indicato t.u.l.p.s. Se, quindi, la legge regionale 23 giugno 2003, n. 30 (Disciplina delle attività agrituristiche della Toscana) non è legge appartenente esclusivamente al settore dell’agricoltura o del turismo ma è legge che fa permanere la tipologia dell’attività nell’ alveo dell’articolo 86 del tulps, è a questo che è necessario tendere per trovare le modalità di intervento conseguenti all’inosservanza dell’ordinanza di cessazione dell’attività illegittimamente esercitata.
La lettura dell’art. 17 ter del t.u.l.p.s. e, specificatamente, il comma 5, consente di trovare soluzione al problema posto. Infatti, tale comma dispone che:
5. Chiunque non osserva i provvedimenti previsti dai commi 3 e 4, legalmente dati dall'autorità, è punito ai sensi dell'art. 650 del codice penale.
In conclusione, in base alla disciplina emanata dalla regione Toscana per l’attività agrituristica (somministrazione e ospitalità) è creata una connessione (doppio binario) tra la disciplina di cui alla l.r. 30 del 2003 e il t.u.l.p.s. Di conseguenza, le violazioni alla legge regionale comportano, laddove si rileva necessaria una interpretazione sistematica, per la definizione di una fattispecie non normata dalla l.r., l’applicabilità delle disposizioni contenute nel t.u.l.p.s.