Risposta: Un internet point, che molto spesso è anche internet cafè o cybercafe è quel luogo dove è possibile utilizzare un computer con accesso ad internet a pagamento, di solito a tariffa oraria o a minuti. Può funzionare anche come un normale bar, dove sono serviti anche cibo e bevande. A differenza dell'Internet Cafè o Cybercafè pensato prevalentemente per offrire un servizio accessorio di navigazione e chat, un internet point è pensato, molto spesso, come un centro multiservizi dove poter offrire una gamma completa prodotti/servizi digitali per ogni tipo di consumatore: corsi di formazione per anziani e studenti, connettività wifi, servizi di stampa e di salvataggio su vari formati, come telefonia via VoIP, ed altri servizi.
Dal 2005, a seguito del decreto legge del 27 luglio 2005 n. 144 così come modificato dalla legge di conversione n. 155, “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale” (*)in Italia gli internet point sono soggetti alla normativa antiterrorismo. In sostanza, ogni cliente che accede ad internet in un internet point deve essere censito dal titolare del locale il quale ha anche l'obbligo di usare un software che tenga traccia dei siti visitati dai clienti.
L’articolo 7 del decreto legge 144 del 2005, la cui rubrica recita “Integrazione della disciplina amministrativa degli esercizi pubblici di telefonia e internet” dispone che:
1. A decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2007, chiunque intende aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie, nel quale sono posti a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche, deve chiederne la licenza al questore. La licenza non è richiesta nel caso di sola installazione di telefoni pubblici a pagamento, abilitati esclusivamente alla telefonia vocale.
2. Per coloro che già esercitano le attività di cui al comma 1, la licenza deve essere richiesta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. La licenza si intende rilasciata trascorsi sessanta giorni dall'inoltro della domanda. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni dei capi III e IV del titolo I e del capo II del titolo III del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonché le disposizioni vigenti in materia di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi. Restano ferme le disposizioni di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, nonché le attribuzioni degli enti locali in materia.
4. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle comunicazioni e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, da adottarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le misure che il titolare o il gestore di un esercizio in cui si svolgono le attività di cui al comma 1 è tenuto ad osservare per il monitoraggio delle operazioni dell'utente e per l'archiviazione dei relativi dati, anche in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 122 e dal comma 3 dell'articolo 123 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché le misure di preventiva acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche ovvero punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili.
5. Fatte salve le modalità di accesso ai dati previste dal codice di procedura penale e dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il controllo sull'osservanza del decreto di cui al comma 4 e l'accesso ai relativi dati sono effettuati dall'organo del Ministero dell'interno preposto ai servizi di polizia postale e delle comunicazioni.
Come risulta evidente dal comma 1 dell’articolo 7, il legislatore aveva ben chiaro che l’utilizzo di internet consentiva anche di comunicare, anzi, si può ben dire che tutta la disciplina tesa al controllo di polizia è stata emanata proprio al fine di poter esercitare il controllo sulle comunicazioni.
Oggi, i programmi di Voice over IP (VoIP) consentono di telefonare utilizzando internet, un sistema economico e sempre più popolare sia tra aziende che tra privati. Lo stesso Ministro dell’ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, nei giorni scorsi, ha proposto l’introduzione della telefonia Voip in Consiglio dei ministri per tagliare i costi delle bollette telefoniche. “Bisogna tagliare le spese puntando sull’innovazione tecnologica, sulla modernizzazione della pubblica amministrazione” ha detto citando l’esempio delle bollette telefoniche che potrebbero essere ridotte grazie a questa nuova tecnologia. Insomma il VoIP sarà sempre più diffuso come sistema di comunicazione.
Riguardo il CALL CENTER, "centro telefonico", si deve precisare che la denominazione più corretta è quella di PHONE CENTER per distinguerla dall’altra, che ha come fine l’attività di indagini di mercato, telemarketing, consulenza, oppure agenzia di affari o vendita per corrispondenza. I "servizi telefonici internazionali" o "phone center” comportano la cessione al pubblico di servizi di telefonia vocale indipendentemente dalle tecnologie di commutazione utilizzate, che importi una connessione telefonica o telematica.
Alcune regioni, ad esempio la Lombardia, l’hanno specificatamente regolamentata, per le altre, la disciplina di riferimento è il decreto legislativo 259 del 2003, ovvero il codice delle comunicazioni elettroniche che, all’articolo 25 , ne definisce il sistema autorizzatorio. L’allegato n. 9 del decreto in questione, equivale al testo della denuncia di inizio attività che deve essere presentata al competente Ministero, ovvero all’Ispettorato territoriale competente. Inoltre, il titolare del Phone center è assoggettato alla stessa disposizione degli Internet point: l’articolo 7 del decreto lgs 144/2005 riconvertito con l. 155/2005 in quanto, come è stato già sottolineato, la norma riguarda le comunicazioni qualsiasi sia la modalità utilizzata.
In Lombardia, l’attività di phone center, qualsiasi sia il sistema utilizzato, è disciplinata dalla legge regionale 3 marzo 2006, n. 6, Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa. Si tratta di una disciplina organica che demanda ai comuni il rilascio delle autorizzazioni e che, vista la chiarezza espositiva, non dovrebbe lasciare dubbi interpretativi.
Riepilogando, Internet caffè e Phone center sono disciplinati dalla medesima normativa: quella di pubblica sicurezza (articolo 86 del t.u.l.p.s.), perlomeno fino a dicembre di quest’anno, salvo non sia disposta una proroga, e quella in base al codice per le comunicazioni elettroniche, che all’articolo 98 individua le sanzioni per le violazioni alle diverse disposizioni. E’ evidente che nella regione Lombardia, i phone center e gli internet caffè, per esercitare legittimamente l’attività, fermo restando la comunicazione all’Ispettorato per le comunicazioni previsto dal codice, dovranno munirsi sia della licenza prevista dall’articolo 86 del t.u.l.p.s. che di quella prevista dalla legge regionale in quanto le due leggi, quella statale e quella regionale, perseguono finalità diverse.
(*)L’articolo 25 Autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, del codicedelle comunicazioni elettroniche dispone che:
1. L'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3, fatte salve le condizioni stabilite nel presente Capo e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.
2. Le disposizioni del presente Capo si applicano anche ai cittadini o imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea, nel caso in cui lo Stato di appartenenza applichi, nelle materie disciplinate dal presente Titolo, condizioni di piena reciprocità. Rimane salvo quanto previsto da trattati internazionali cui l'Italia aderisce o da specifiche convenzioni.
3. La fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica, fatti salvi gli obblighi specifici di cui all'articolo 28, comma 2, o i diritti di uso di cui all'articolo 27, è assoggettata ad un'autorizzazione generale, che consegue alla presentazione della dichiarazione di cui al comma 4.
4. L'impresa interessata presenta al Ministero una dichiarazione resa dalla persona fisica titolare ovvero dal legale rappresentante della persona giuridica, o da soggetti da loro delegati, contenente l'intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, unitamente alle informazioni strettamente necessarie per consentire al Ministero di tenere un elenco aggiornato dei fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, da pubblicare sul proprio Bollettino ufficiale e sul sito Internet. Tale dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività e deve essere conforme al modello di cui all'allegato n. 9. L'impresa è abilitata ad iniziare la propria attività a decorrere dall'avvenuta presentazione della dichiarazione e nel rispetto delle disposizioni sui diritti di uso stabilite negli articoli 27, 28 e 29. Ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, il Ministero, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività. Le imprese titolari di autorizzazione sono tenute all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249.
5. La cessazione dell'esercizio di una rete o dell'offerta di un servizio di comunicazione elettronica, può aver luogo in ogni tempo. La cessazione deve essere comunicata agli utenti almeno 90 giorni prima, informandone contestualmente il Ministero. Tale termine è ridotto a trenta giorni nel caso di cessazione dell'offerta di un profilo tariffario.
6. Le autorizzazioni generali hanno durata non superiore a venti anni e sono rinnovabili. Con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, le autorizzazioni possono essere prorogate, nel corso della loro durata, per un periodo non superiore a quindici anni, previa presentazione di un dettagliato piano tecnico finanziario da parte degli operatori. La congruità del piano viene valutata d’intesa dal Ministero delle comunicazioni e dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in relazione anche alle vigenti disposizioni comunitarie e all’esigenza di garantire l’omogeneità dei regimi autorizzatori. L'impresa interessata può indicare nella dichiarazione di cui al comma 4 un periodo inferiore. Per il rinnovo si applica la procedura di cui al medesimo comma 4 e la presentazione della dichiarazione deve avvenire con sessanta giorni di anticipo rispetto alla scadenza (5).
7. La scadenza dell'autorizzazione generale coincide con il 31 dicembre dell'ultimo anno di validità.
8. Una autorizzazione generale può essere ceduta a terzi, anche parzialmente e sotto qualsiasi forma, previa comunicazione al Ministero nella quale siano chiaramente indicati le frequenze radio ed i numeri oggetto di cessione. Il Ministero entro sessanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte dell'impresa cedente, può comunicare il proprio diniego fondato sulla non sussistenza in capo all'impresa cessionaria dei requisiti oggettivi e soggettivi per il rispetto delle condizioni di cui all'autorizzazione medesima. Il termine è interrotto per una sola volta se il Ministero richiede chiarimenti o documentazione ulteriore e decorre nuovamente dalla data in cui pervengono al Ministero stesso i richiesti chiarimenti o documenti (6).