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L’obbligo delle tabelle anti-alcool si applica anche alle sagre?
E’ l’interrogativo, legittimo, che i comuni si pongono dopo l’entrata in vigore, il 23 settembre scorso, del decreto ministeriale che ne fissa i contenuti . Le pro loco e le varie associazioni di volontariato che in tutta Italia, da nord a sud, si rimboccano le maniche per organizzare feste patronali, chiedono lumi. Le cosiddette tabelle anti-alcool sono state previste dal decreto legge 3 agosto 2007, n. 117, riconvertito poi, dalla legge 160/2007. Con queste, si è ritenuto porre freno al progressivo aumento degli incidenti stradali causati dall’abuso di bevande alcoliche, introducendo obblighi che, appena entrati in vigore, dimostrano già i loro limiti. La norma incriminata, che tra l’altro è già stata aspramente contestata dalla Fipe nazionale, la federazione dei titolari dei pubblici esercenti aderente a Confcommercio, che ha richiesto, quindi, ai ministri dell’interno e della sanità di riconsiderarne l’impostazion, prevede che tutti i titolari e i gestori di locali ove si svolgono, con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario, spettacoli o altre forme di intrattenimento, congiuntamente all'attività di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche, devono interrompere la somministrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 della notte e assicurarsi che all'uscita del locale sia possibile effettuare, in maniera volontaria da parte dei clienti, una rilevazione del tasso alcolemico. Insomma, ci si chiede, l’obbligo riguarda soltanto i locali, in senso stretto, ovvero gli spazi al chiuso, o il termine va interpretato in senso ampio, assoggettando quindi agli obblighi di divieto di somministrazione dopo le due e di esporre le famigerate tabelle anche gli organizzatori delle sagre? La ratio della norma porterebbe ad una interpretazione mediata che, tra l’altro, è proprio quella sostenuta dalla Fipe, anche se il Ministero fino ad oggi non ha ancora preso posizione. L’interpretazione più razionale e logica alla finalità che si intende perseguire è di ritenere che il divieto va applicato soltanto a quei locali che chiudono i battenti dopo le due del mattino. In tal modo, in pratica, i tradizionali caffè che, ogni tanto, o anche permanentemente organizzano concerti o dispongono di piano bar, ma chiudono ben prima dell’ora mattutina, ne sarebbero esenti. Come sarebbero esenti anche multisala e teatri e questo appare logico. Rimane indubbia la questione dell’uso del termine “locale” usata dal legislatore. E’ notorio, infatti, che le sagre, nella stragrande maggioranza dei casi, si svolgono all’aperto. Né sarebbe logico applicare gli obblighi e i divieti alle sole manifestazioni che si svolgono al chiuso. Insomma, mare grosso in tutta Italia per questo nuovo obbligo che già più d’uno ha contestato anche nei contenuti sanzionatori. Infatti, si mormora, quali criteri il prefetto adotterà per graduare la chiusura dai sette ai trenta giorni che la legge prevede per l’inadempimento all’obbligo?
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