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La sorvegliabilità negli esercizi pubblici e negli esercizi di somministrazione
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Una questione che vede ancora, a distanza di anni dall’emanazione delle rispettive disposizioni, far sorgere dubbi interpretativi da parte dagli operatori del settore, rende necessaria la sistematizzazione delle disposizioni che regolano la fattispecie.
L’articolo 86 del tulps, contenuto nel Capo II rubricato “degli esercizi pubblici” dispone che:
Non possono esercitarsi, senza licenza del Questore, alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili. Un ulteriore comma, dispone che: La licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci. In attuazione della suddetta disposizione, l’articolo 153 del regolamento al tulps, R.D 6 maggio 1940 n.635 dispone che:
La licenza può essere rifiutata o revocata per ragioni di igiene o quando la località o la casa non si prestino ad essere convenientemente sorvegliate.
Successivamente, con l’emanazione della legge 287/91, il legislatore nazionale ha disposto l’ “Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi”, prevedendo il suo ambito di applicazione “alle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande”, precisando, peraltro, che “per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati”.
Due disposizioni, quindi, che regolamentano due ambiti solo in parte coincidenti:
Nel primo caso, con riferimento alla disciplina del tulps, destinatari della fattispecie sono i “pubblici esercizi” ovvero quella tipologia di locali in cui l’accesso è libero a chiunque ed in cui si svolge un’attività imprenditoriale, sottoposta a speciale disciplina di polizia, per la tutela di quanti, servendosi delle relative prestazioni, affidano ai gestori la propria salute, incolumità e sicurezza. Il carattere di “pubblicità” di un esercizio, intesa come condizione di fruibilità del locale, non è dato dalla apparenza esteriore, ma dalla possibilità concreta per chiunque di accedervi liberamente e di poter fruire dei servizi erogati.
Nel secondo caso, invece, l’ambito di applicazione è più ampio. La legge 287/1991 non si applica infatti soltanto agli “esercizi pubblici” in senso stretto, ma anche ad un ulteriore insieme di attività che non fanno parte della categoria dei pubblici esercizi. L’elencazione è contenuta all’articolo 3, comma 6 della suddetta 287/1991:
e) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno;
f) esercitata in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;
g) in scuole; in ospedali; in comunità religiose; in stabilimenti militari, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Successivamente all’aggiornamento della disciplina per l’attività di somministrazione negli esercizi pubblici e negli altri luoghi espressamente individuati dal legislatore, il Ministero dell’interno ha emanato il D.M. 17 dicembre 1992, n. 564 “Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande”. Dal nome del regolamento già si evince che destinatari delle disposizioni in esso contenute, non sono tutte le attività di somministrazione normate dalla legge 287/19912, ma soltanto i “pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande”, con un’unica eccezione: l’attività di somministrazione effettuata nei circoli privati. Relativamente a questa “inclusione” tuttavia, non può essere omesso di rilevare il fatto che già l’articolo 86 del tulps riserva uno specifico comma ai circoli privati, con ciò assorbendo gli stessi nella marco categoria dei “pubblici esercizi”.
Del resto, al di là del nome della fonte regolamentare relativa alla sorvegliabilità, lo stesso articolo 1 definisce, inequivocabilmente, il suo ambito, disponendo che:
I locali e le aree adibiti, anche temporaneamente o per attività stagionale, ad esercizio per la somministrazione al pubblico di alimenti o bevande devono avere caratteristiche costruttive tali da non impedire la sorvegliabilità delle vie d'accesso o d'uscita.
Di conseguenza, appare evidente che sono soggetti al rispetto delle disposizioni in materia di sorvegliabilità emanate con DM 564/1992 esclusivamente gli esercizi pubblici di somministrazione e non tutte le attività di somministrazione. In sostanza rimangono escluse dal suddetto obbligo le attività elencate dalla lettera e) alla lettera g) del già richiamato articolo 3, comma 6 della legge 287/1991, perché queste non sono “esercizi pubblici”
A margine di queste considerazioni si ritiene di poter condividere, ed anzi apprezzare, l’iniziativa di quei comuni che hanno applicato l’autocertificazione tecnica di rispetto dei requisiti di sorvegliabilità con esclusione, ovviamente, di quelle ipotesi in cui sussiste discrezionalità, ovvero con riferimento alle ipotesi indicate al comma 4 dell’articolo 1, tenuto conto che lo stesso dispone che:
4. Nel caso di locali ubicati ad un livello o piano superiore a quello della strada, piazza o altro luogo pubblico d'accesso, la visibilità esterna deve essere specificamente verificata dall'autorità di pubblica sicurezza, che può prescrivere, quando la misura risulti sufficiente ai fini di cui al comma 1, l'apposizione di idonei sistemi di illuminazione e di segnalazione degli accessi e la chiusura di ulteriori vie d'accesso o d'uscita.
Ottobre 2008
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