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Commercio in regione FVG. Ma dove stanno le novità?
 

Tanto rumore per poco o nulla. Il Consiglio regionale ha perso una grande occasione per migliorare la disciplina del commercio. Pubblicata sul Bur del 26 novembre scorso con la legge 13 sono state modificate le chiusure obbligatorie dei negozi; eliminate alcune, tecnicamente parlando, antinomie, ovvero due articoli che si contraddicevano l’un altro, ma è il caso di dirlo, si è anche persa l’opportunità per elevare complessivamente la qualità della legge. La prima questione, che salta all’occhio, è che in FVG un soggetto fallito non potrà mai più esercitare l’attività commerciale. Tutto questo, nonostante la nuova disciplina fallimentare, a livello nazionale, già un anno fa con il decreto legislativo 169/2007, abbia espressamente rimosso questa incompatibilità. L’altra questione, sollevata in aula il giorno dell’approvazione della legge, dal consigliere Gaetano Valenti, ma stoppata dal PD, è quella della vendita da parte degli artigiani. Da sempre, e in tutte le regioni d’Italia, ai produttori, siano essi artigiani o industriali, è consentito commercializzare i prodotti realizzati nello stabilimento produttivo. Ma l’attuale normativa del Friuli Venezia Giulia, licenziata nella passata legislatura, consente ai soli industriali e non anche alle imprese artigiane, di vendere senza dover rispettare le norme sul commercio, non solo i beni di propria produzione ma anche altri beni, prodotti e acquistati da terzi, purchè questi siano similari e accessori a quelli di propria produzione. In sostanza, agli industriali, che producono sedie, tanto per fare un esempio, è consentito vendere in zona industriale tavoli, letti, tovaglie, tappeti ecc. senza dover rispettare alcun vincolo; e ciò in quanto i termini “similari e accessori” sono vaghi e generici. Secondo Valenti, consentire ai calzolai di vendere lucido per scarpe e spighette o al gommista la ruota di scorta, era sanare una situazione di disparità, immotivata, nei confronti di una categoria, ma l’emendamento non è stato accolto. L’ultima questione, quella dei turni di chiusura obbligatoria nelle giornate domenicali e festive, che ha acceso il dibattito nel corso dell’iter di predisposizione del testo, consente oggi a tutti i negozi della regione con meno di 400 metri quadrati di rimanere aperti 365 all'anno, pasqua e natale compresi. Se sono ubicati in centro storico, questa facoltà è concessa anche i negozi di più ampie dimensioni. Insomma, le 25 domeniche e festività facoltative, l'obbligatorietà di chiudere nelle sacre feste, Pasqua, Natale ecc. riguarda solo i negozi con più di 400 mq che non sono ubicati in centro storico. Insomma a Grado e Lignano, possono far festa le medie e grandi strutture di vendita che, chiuse nel resto della regione, potranno invece rimanere aperte sempre, 365 giorni all’anno, per la gioia dei forzati dell’acquisto, anche se raggiungere le località di mare per fare la spesa settimanale può diventare poco conveniente.
Per la comunità di pratica, una scheda di sintesi delle novità.
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