: La fattispecie è disciplinata dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “"Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59" il quale, all’ art. 27.fornisce le definizioni necessarie ad individuare la materia in esame. Detto articolo, al comma 1, dispone che:
Ai fini del presente titolo si intendono:
a) per commercio sulle aree pubbliche, l'attivita' di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilita', attrezzate o meno, coperte o scoperte;
b) per aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprieta' privata gravate da servitu' di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico;
Dalla lettura della sopraindicata lettera b) si evince che il commercio su aree pubbliche, in forma itinerante, può essere esercitato su aree private “gravate da servitù di pubblico passaggio”. A tale proposito è bene precisare che la giurisprudenza ha già chiarito quali ipotesi rientrano all’interno di questa sotto-definizione, ovvero che cosa si deve intendere per “aree private gravate da servitu’ di passaggio”.
Infatti: T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, 10 novembre 2008 , n. 286
L'esistenza di una servitù pubblica di passaggio su di una strada privata non può essere meramente affermata, ma esige di essere dimostrata tramite la prova dell'uso e della pubblica utilità della stessa, alla luce di un approfondito esame della condizione effettiva in cui si trova il bene, posto che il relativo accertamento è frutto del libero convincimento del giudice competente in relazione al materiale probatorio acquisito, per cui l'Amministrazione non si può limitare a sostenere apoditticamente « l'uso pubblico ultraventennale della strada », senza fornire alcuna prova in tal senso e limitandosi ad affermare genericamente l'uso pubblico da parte della collettività come scorciatoia per raggiungere due diverse parti del paese.
T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 10 dicembre 2008 , n. 955
L'esistenza di una servitù pubblica di passaggio su una strada privata non si suppone, ma va dimostrata attraverso la prova dell'uso e dell'utilità pubblica di detta strada ed, ai fini dell'esistenza di un uso pubblico di una strada privata, è necessario da un lato che la strada sia concretamente idonea a soddisfare (anche per il collegamento con la pubblica via) esigenze di interesse generale e dall'altro che sulla stessa si esplichi di fatto il pubblico transito iure servitutis publicae da parte di una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale; occorre altresì un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi anche nella protrazione dell'uso stesso da tempo immemorabile.
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 18 aprile 2008 , n. 1229
È illegittima ogni interclusione a strade, anche private o vicinali, soggette a servitù di pubblico transito; a tal fine si richiede la sussistenza dei requisiti del passaggio, esercitato "iure servitutis publicae" da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza a una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, nonché del titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi anche nella protrazione dell'uso stesso da tempo immemorabile.
T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 10 giugno 2008 , n. 643
In mancanza di espressa classificazione di una strada privata nell'elenco delle strade vicinali, per considerare assoggettata ad uso pubblico una strada privata è necessario che la stessa sia oggettivamente idonea all'attuazione di un pubblico interesse consistente nella necessità di uso per le esigenze della circolazione o per raggiungere edifici di interesse collettivo (chiese, edifici pubblici). Deve quindi essere verificato: - il requisito del passaggio esercitato da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo territoriale; - la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, esigenze di generale interesse; - un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi nella protrazione dell'uso stesso da tempo immemorabile. Non è, pertanto, configurabile l'assoggettamento di una via vicinale a servitù di passaggio ad uso pubblico in relazione ad un transito sporadico ed occasionale e neppure per il fatto che essa è adibita al transito di persone diverse dai proprietari o potrebbe servire da collegamento con una via pubblica. Pertanto, allorquando la strada non sia inserita nell'elenco di quelle pubbliche, e l'amministrazione non fornisca la prova della sussistenza di interventi volti ad assoggettare il tratto stradale in questione ad uso pubblico (come la posa in opera di pali per l'illuminazione pubblica, la realizzazione di asfaltatura con segnaletica orizzontale, la precisa delimitazione della carreggiata, l'installazione di segnaletica verticale, la predisposizione della linea fognante), è annullabile l'ordinanza di demolizione che si fonda sull'asserita pubblicità della strada
Come appar evidente, quindi, dalla sopraindicata rassegna, un’area privata non può soddisfare il requisito previsto dalla legge se non a particolari condizioni.
La disciplina di riferimento, inoltre, all’ art. 28 dispone che:
4. L'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante e' rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L'autorizzazione di cui al presente comma abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore nonche' nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago.
Va, quindi, valutato se il luogo privato in cui il commerciante su aree pubbliche in forma itinerante si trova, è per effettuare l’attività di vendita che soddisfa le eccezioni inserite nel sopraindicato comma.
Gli aspetti sanzionatori sono presi in esame all’articolo 29 del decreto in questione. Specificatamente, l’articolo in questione recita quanto segue:
1. Chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa, nonche' senza l'autorizzazione o il permesso di cui all'articolo 28, commi 9 e 10, e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000 e con la confisca delle attrezzature e della merce.
A tale proposito, si sottolinea quanto segue:
Cassazione civile , sez. II, 22 maggio 2006 , n. 11965
In tema di disciplina del commercio su aree pubbliche l'art. 29 comma 1 d.lg. n. 114 del 1998, che sanziona l'esercizio dell'attività di vendita al di fuori del territorio nel quale si è autorizzati, è norma che, in quanto posteriore alla disposizione generale in materia di illecito amministrativo di cui all'art. 20 l. 689 del 1981, si caratterizza come speciale rispetto a questa e, pertanto, nel provvedere, in aggiunta alla sanzione pecuniaria, "la confisca delle attrezzature e della merce", stabilisce un caso di confisca obbligatoria. L'illecito di cui all'art. 29, inoltre, sussiste sia quando sulle aree pubbliche l'attività sia esercitata senza autorizzazione, sia allorché l'attività, pur autorizzata, venga svolta su area diversa da quella oggetto dell'autorizzazione (nella specie la S.C. ha anche ritenuto irrilevante che fosse stata presentata una domanda di trasferimento su altra area da parte del gestore e non del titolare dell'autorizzazione).
Infine, per completezza, si informa che già a suo tempo il Ministero per lo sviluppo economico ha preso in esame la questione dell’attività del commercio in forma itinerante fornendo peraltro alcune interessanti considerazioni che, in toto, si condividono:
Risoluzione del 24/02/2006 prot. n. 0002120.
OGGETTO: Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114. COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE IN FORMA ITINERANTE DI CUI ALL’ART. 28, COMMA1, LET. B) E APPLICABILITÀ SANZIONI DI CUI ALL’ARTICOLO 29 - QUESITO.
- omissis -
Dalla citata norma consegue che la vendita su aree pubbliche con autorizzazione di tipo b) deve avvenire esclusivamente in forma itinerante e l’occupazione occasionale del suolo pubblico può unicamente essere giustificata per il tempo necessario alla transazione commerciale ed al completamento del contratto di vendita che si formalizza con il pagamento del prezzo per la merce offerta.
Il disposto di cui al comma 4 del citato art. 28 definisce ulteriormente il commercio al dettaglio in forma itinerante su aree pubbliche, stabilendo in dettaglio che: “…L’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L’autorizzazione di cui al presente comma abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore e nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago…”.
Le altre modalità d’esercizio dell’attività in forma itinerante indicate al predetto comma 4, pertanto, evidenziano i limiti di svolgimento consentiti, che, in ogni caso, non possono essere superati.
Fermo restando quanto sopra, si precisa che l’attività su aree pubbliche di tipo a) è caratterizzata dall’esercizio della medesima su di un posteggio, dato in concessione dall’ente locale competente per territorio.
Al fine dell’individuazione delle aree pubbliche da destinare a posteggi, sui quali svolgere l’attività di tipo a), l’articolo 28, comma 15, stabilisce l’esatta procedura.
Ciò significa, quindi, che sulle predette aree può essere effettuata unicamente l’attività di tipo a), previa la relativa autorizzazione e concessione del posteggio.
In conseguenza di ciò, ad avviso della scrivente, la permanenza di un soggetto in possesso d’autorizzazione di tipo b), su una porzione di area pubblica oltre il tempo necessario alla vendita, nei termini precisati in premessa, configura l’esercizio di un’attività di tipo a) in assenza del corrispondente titolo autorizzatorio e, pertanto, sanzionabile ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del decreto legislativo 114/98.
Infatti, la differenza sostanziale tra le due tipologie di commercio su area pubblica non sussiste in relazione alle caratteristiche dell’area occupata, bensì è da ricondurre al tempo ed alle modalità di svolgimento delle medesime.
A completamento di quanto fin qui espresso, si aggiunge un breve richiamo alla definizione di “area pubblica”, di cui all’art. 27, comma 1 del già citato decreto legislativo.
Fatte salve dunque le valutazioni di cui sopra e per effetto delle medesime, con riferimento al punto 1. del quesito formulato, la scrivente ritiene che sia possibile applicare la sanzione amministrativa pecuniaria e quell’accessoria del sequestro cautelare, con conseguente confisca delle attrezzature e della merce, anche al di fuori delle aree di salvaguardia, nei confronti del commerciante autorizzato alla vendita al minuto su area pubblica in forma itinerante, il quale, nonostante le reiterate contestazioni, continui a perseverare nella sua condotta irregolare, trattenendosi nella stessa località e nella stessa posizione, con le modalità e tempi propri dell’occupazione fissa del suolo pubblico.
Per quanto concerne, poi, la richiesta di cui al punto 2, la scrivente non ritiene sia possibile procedere al sequestro ed alla successiva confisca del mezzo utilizzato dall’esercente su area pubblica per la commercializzazione delle merci trasportate, nonostante la circostanza che il veicolo in questione sia, di fatto, impiegato per l’esposizione e la vendita.
La disposizione, di cui all’art. 29, comma 1, del decreto legislativo 114/98, infatti, fa espresso riferimento esclusivamente alle “attrezzature”. Ove ad avviso della scrivente, il legislatore avesse voluto consentire, nel caso di specie, anche la confisca del veicolo utilizzato, lo avrebbe dovuto esplicitamente menzionare.
- omissis –