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Tulps, Costituzione, legge 241/1990 e 59/1997. L’auto in primo piano
 

Rispetto all’epoca del Tulps molta acqua è passata sotto i ponti e, notevolmente, è stato innovato l’ordinamento giuridico. Dalla Costituzione al d.P.R. 616/1977, dalla modifica del titolo V Cost. alla legge 59/1997 che ha avviato il processo di semplificazione dei procedimenti. Conoscere l’evoluzione del diritto, in senso ampio, è fondamentale per una corretta applicazione delle regole, anche quelle che a prima vista possono sembrare chiare.

Le vicende di queste ultime settimane che hanno visto contrapposti i titolari delle attività di taxi a quelli del noleggio con conducente, hanno ri-posto in primo piano l’automobile. A prescindere da tutto il codice della strada che è permeato da disposizioni riferite specificatamente a questo mezzo di locomozione, e a prescindere dall’automobile come oggetto del desiderio con tutte le disposizioni che si porta al seguito, dalle gare al furto, si coglie l’opportunità di questa diatriba tra NCC e taxi per affrontare alcune specifiche questioni che, spesse volte, per conformazione mentale o per abitudine, vengono trascurate.
In attesa, quindi, dopo il mese di giugno, ovvero dopo le elezioni per il rinnovo del PE, di sapere se è il caso di metter mano alla disciplina vincolistica comunale per l’accesso ai centri storici da parte degli operatori di NCC, può risultare utile riprendere le armi del mestiere e cercare di sistematizzare le innumerevoli disposizioni che riguardano il comparto auto. Non dimenticando, ovviamente, di considerare i testi sacri che, oggi, non sono più il Tulps e il codice penale, bensì la Costituzione, la legge 241/1990 nota a tutti ma poco applicata, ed anche la legge 59/1997 che avrebbe dovuto riformare complessivamente la PA.

Il commercio di autovetture nuove ed usate
L’esercizio dell’attività di vendita di autovetture è soggetto, come tutti gli addetti ai lavori sanno, ad autorizzazione. E’ difficile immaginare, infatti, una concessionaria d’auto operare su di una superficie di vendita sotto il quale dopo la riforma Bersani contenuta nel d.lgs 114/1998, prevede la presentazione di una mera comunicazione di inizio attività. Diversa è, ovviamente, la questione per quanto riguarda il subentro in un’attività già in essere.
Ogni concessionario tratta anche l’usato e, di conseguenza, è palese che lo stesso deve rispettare quanto disposto dall’art. 126 del Tulps.
E’ evidente che, a tale proposito, il responsabile del procedimento per l’apertura degli esercizi di vendita dovrà curare le necessarie informazioni perché l’interessato sia in grado di attivarsi nei termini richiesti.
C’è stato, infatti, un originario orientamento in cui prevaleva una visione dell'ordinamento amministrativo nella quale ogni singolo potere sarebbe attribuito alla pubblica Amministrazione in funzione della tutela di uno specifico interesse pubblico, in modo tale che l'esercizio di ciascuno di quei poteri, anche se appartenenti allo stesso ente, restava circoscritto al relativo settore di intervento e dava luogo a procedimenti amministrativi destinati ad operare singolarmente ed al di fuori di forme di coordinamento, ma oggi così non è più. Con la legge n. 241 del 1990, infatti, si è compiuta una esplicitazione dei contenuti del canone costituzionale del buon andamento dell'Amministrazione pubblica, nel senso che l'esercizio dissociato dei poteri che fanno capo allo stesso ente per la realizzazione di più interessi pubblici, specie ove tra di essi sussista un obiettivo collegamento, si pone contro il basilare criterio di ragionevolezza e, pertanto, in evidente contrasto con il principio di buona amministrazione. Di conseguenza, la fondamentale legge n. 241/1990, che espressamente prevede, all’articolo 14, l'ipotesi di una pluralità di interessi pubblici coinvolti in uno stesso procedimento amministrativo e di un loro “esame contestuale”, disegna un modello procedimentale in cui una delle funzioni principali è proprio quella di coordinamento ed organizzazione dei fini pubblici, come dimostrano istituti quali la comunicazione dell'avvio del procedimento, la partecipazione degli interessati, il responsabile del procedimento ed, infine, la stessa conferenza di servizi. Relativamente a questi aspetti, la giurisprudenza è univoca.

La discrezionalità
Come ormai dovrebbe essere stato chiarito, il procedimento autorizzatorio per attività, allo stato attuale ancora disciplinate dal Tulps, non può essere assoggettato a dichiarazione di inizio attività, in quanto vi osta la valutazione discrezionale connessa al comma 2 dell’articolo 11 Tulps, ovvero in riferimento ai requisiti morali che devono essere posseduti per l’esercizio dell’attività.
Ed è, peraltro, evidente che il Comune può prevedere, con norma regolamentare, che tutti i procedimento autorizzatori disciplinati dal Tulps siano soggetti a Dia rimuovendo la discrezionalità, così come ha fatto il legislatore nazionale con il Dpr 480 e 481 del 2001.
Vale la pena ricordare, anche se è ormai imminente una ulteriore novella dell’art. 19 della legge 241 del 1990, che il procedimento soggetto a Dia consta di due momenti: La presentazione della dichiarazione vera e propria che fa scattare l’obbligo per il Comune della verifica del possesso dei requisiti di onorabilità e la successiva comunicazione che non può essere presentata prima dei trenta giorni dalla data della presentazione della Dia. La comunicazione, in pratica, rende efficace la Dia e, da quel momento il Comune avrebbe ancora trenta giorni di tempo per eventuali verifiche necessarie. Ma è anche evidente che le eventuali verifiche connesse al possesso dei requisiti di onorabilità sono già state effettuate all’atto della procedura ai sensi della disciplina sul commercio.

Dichiarazione Tulps e dichiarazione inizio attività
Alcune attività disciplinate dal tulps sono soggette a licenza, altre a dichiarazione, altre ancora a nulla osta. A prescindere da ogni utile distinzione tra licenza ed autorizzazione che secondo recente dottrina dovrebbero ormai essere unificate nei significat, un interprete accorto non potrà non avere ben chiaro che tra la dichiarazione prevista dal Tulps e la dichiarazione di inizio attività prevista dall’art. 19 della legge 241 del 1990 le differenze sono sostanziali.
La prima, infatti, ovvero la dichiarazione del Tulps presuppone l’obbligo di una dichiarazione preventiva, ovvero una comunicazione, mentre la dichiarazione di inizio attività prevista dall’art. 19 della legge 241 del 1990 è un provvedimento sostitutivo di autorizzazione nel caso di inesistenza di valutazioni discrezionali che, palesemente, è cosa diversa da una comunicazione/dichiarazione.
Fermo restando, quindi, la necessità dell’obbligo del coordinamento del procedimento da parte del responsabile del procedimento, l’eventuale mancata presentazione della dichiarazione preventiva, al titolare dell’esercizio di vendita non potrà essere imposta la chiusura del negozio ma soltanto inibito il commercio di autovetture usate in attesa della presentazione della prescritta dichiarazione ai sensi dell’art. 17 ter, comma 3. La sanzione è prevista dall’art. 17bis, comma 3 e va da 154,00 euro a 1032,00.

L’attività di noleggio senza conducente
La delegificazione prevista dalla legge 59/1997 è lo strumento adottato dal legislatore statale per realizzare l’obiettivo della semplificazione dei procedimenti nell’ambito di ciò che era già disciplinato dalle leggi statali precedentemente in vigore. La sostituzione, in parte qua, con norme regolamentari riguarda esclusivamente le preesistenti disposizioni di leggi statali, come confermano i riferimenti negli allegati delle leggi di semplificazione: e dunque le disposizioni di leggi statali che già operavano nelle materie di competenza regionale. Oggi, lo Stato non può più emanare regolamenti di semplificazione-delegificazione in quanto la competenza ad emanare disposizioni nella materia è attribuita alle regioni in forza della modifica art. 117 Cost. che ha assegnato alla regioni la potestà legislativa cosiddetta residuale, ovvero che opera per tutte le materie non assegnate espressamente alla competenza dello Stato.
Il d.P.R. 481 del 2001, in sostanza, è regolamento di semplificazione e, in quanto tale, fonte esclusiva per la disciplina in materia. Questo regolamento contiene una grande novità rispetto alla disciplina previgente ed è quella che un provvedimento disciplinato dal Tulps è assoggettato a dichiarazione di inizio attività.
Come si è precedentemente accennato non è possibile assoggettare a Dia il procedimento previsto dal Tulps in quando vi contrasta la discrezionalità connessa all’articolo 11, comma 2. Ebbene, come risulta palese dalla lettura del decreto 481 del 2001, il procedimento è assoggettato a Dia proprio in relazione al fatto che viene esclusa la discrezionalità prevista dall’art. 11, comma 2. Infatti, solo il Prefetto può “vietare o sospendere l'esercizio dell'attività nei casi previsti dall'articolo 11, comma 2, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, per motivate esigenze di pubblica sicurezza e, in ogni caso e anche successivamente a tale termine, per sopravvenute esigenze di pubblica sicurezza.”
In sostanza, le ipotesi previste dal comma secondo dell’articolo 11 non condizionano l’esercizio dell’attività di noleggio a meno di un intervento specifico del Prefetto.
Nulla di più di quanto espressamente risulta inserito nel d.P.R. 481 del 2001 può essere richiesto al proponente l’attività: gli elenchi delle vetture in disponibilità, l’indicazione della sede o che dir si voglia, originariamente previste da direttive, circolari o altre fonti, non sono più previste.

Biciclette senza disciplina
Di rilievo anche una ulteriore disposizione contenuta all’ultimo comma del d.P.R. 480/2001 ed è la abrogazione dell’art. 158. del regolamento Tulps, passata a dire il vero sottotono. Tale disposizione assoggettava all’autorizzazione prevista dall’art. 86 Tulps, anche il noleggio di biciclette che, quindi, da allora è attività libera.

La fine della competenza statale
Dopo il d.P.R. 480 e 481 del 2001 che hanno rispettivamente disciplinato l’attività di rimessa e l’attività di noleggio senza conducente, (peraltro i decreti i questione sono entrati in vigore dopo la legge Cost. 3/2001) è terminata l’opera di semplificazione dello Stato in quanto oggi tutta la disciplina per l’esercizio delle attività economiche, compresi gli interventi di semplificazione e di delegificazione rientrano nella competenza regionale o anche in quella dei Comuni, in forza del sesto comma dell’art. 117 Cost. anche se, a dire il vero, la regolamentazione dei procedimenti previsti dall’art. 19 del d.P.R. 616/1977 era stata assegnata ai comuni già con tale provvedimento; tuttavia sono state poche le amministrazioni che ne hanno approfittato lasciando tutto com’era. Ciò non significa ovviamente che tutto, oggi, è uguale a prima.
Il Comune ha in sostanza il potere e sarebbe il caso di affermare l’obbligo, di prevedere una regolamentazione efficace per i procedimenti allo stato attuale ancora inseriti all’interno del Tulps. Ciò in relazione alla necessità di rimuovere quei dubbi interpretativi che potrebbero derivare dall’inserimento della disciplina di polizia amministrativa all’interno di un corpus normativo che tratta problematiche attinenti alla pubblica sicurezza.
In tal modo sarebbe più facile per l’interprete anche la procedura per l’irrogazione delle sanzioni. Sono in molti, infatti, ancora ad ignorare che l’art. 17 quinquies va oggi interpretato alla luce della sentenza della Corte Cost. 115 del 1995, nel senso che il potere di irrogare le sanzioni amministrative compete allo Stato o alle regioni a seconda che la materia cui inerisce la violazione da punire rientri nelle sfere di attribuzione del primo o della seconda.

(Crocevia n. 9/2009 su gentile concessione di Maggioli editore)

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