LINK consigliati

www.albopretorio.it/gd
www.giurcost.it
www.poliziamunicipale.it
www.astrid-online.it

www.brocardi.it
Stereogrammi

http://www.onlinepokerforum.it/
<<Torna all'elenco

Dieci pareri per dirimere i soliti dubbi
 

La programmazione dei PE
Nei giorni scorsi il Mise, il Ministero per lo sviluppo economico che ad ogni cambio di legislatura cambia nome, ha messo on line i pareri forniti dalla IV Divisione “Promozione della concorrenza” della Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica facente parte del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione. Insomma, già il nome della Divisione la dice lunga su quello che è, alla fin fine, il mutare dei tempi e la promozione della concorrenza, imposta condivisa subita o ignorata, fa la parte del leone nel terzo millennio. Ma, in fin dei conti, non ci manca quella programmazione concertata la cui articolazione doveva svilupparsi sulla base di quelli che erano i risultati che si volevano ottenere. Sta di fatto che, oggi, il dubbio è: quali caratteristiche deve avere la programmazione comunale?
Su questa traccia si sofferma il Mise in piu’ di un parere. Il primo, il n. 67911 del 24 luglio 2009, sgombra il campo ad ogni equivoco: “Non è sostenibile alcuna previsione di aperture degli esercizi di somministrazione senza vincoli”. Già, ma allora quali parametri si possono utilizzare per una pianificazione/programmazione che non violi i principi comunitari? Anche sotto questo punto, rispettoso dell’autonomia comunale, e ben conscio di avere, ormai, poca voce in capitolo perché il diktat è in mano alle regioni, il Mise afferma un importante principio che ci fa ritornare alla mente la direttiva Rutelli di un paio di anni fa, nel senso che è necessario assicurare una localizzazione delle attività in grado di rispondere alle necessità anche stagionali del territorio ma ponendo la dovuta attenzione alla necessità di salvaguardare e riqualificare le zone di pregio artistico, storico architettonico, archeologico ed ambientale, nonché di assicurare il diritto dei residenti alla vivibilità dell’ambiente urbano, oltre che il rispetto dell’ordine pubblico e della salute pubblica. Insomma, piu’ chiaro di così il Mise non poteva essere.

La superficie del locale
Riguardo al parere 68867 del 28 luglio di quest’anno, e in tal senso sarebbe opportuno che in premessa il Mise spendesse qualche parola al fine di far comprendere meglio il senso della risposta che viene fornita, alcune considerazioni vanno spese in funzione del fatto che viene evidenziata la necessità di indicare sul titolo autorizzatorio la superficie di vendita e che eventuali utilizzi di superficie esterna al locale presuppongono il rilascio della relativa concessione. Il Mise si smarca sulla questione della destinazione d’uso del suolo pubblico da richiedere in concessione anche se, da quanto par di capire, era proprio questo il senso della problematica che angustia il Comune. Che dire a proposito? La problematica è complessa ma può trovare una adeguata soluzione attraverso lo strumento della regolamentazione, sia urbanistica/edilizia, sia di polizia urbana, nel senso che le norme tecniche possono individuare gli spazi potenzialmente idonei alla somministrazione on air mentre il regolamento di polizia urbana può prescrivere le caratteristiche dell’arredo e i vincoli da rispettare per evitare che attraverso l’esercizio all’aperto venga compromesso il diritto alla salute dei residenti della zona. Insomma, basta fare scalo a Grado per capire che tavolini e sedie davanti a bar e ristoranti, se scelti con gusto, consentono al Comune di accogliere i suoi ospiti in un salotto pagato dagli esercenti (che sono ben contenti di poterlo fare).

La vendita dell’alcol
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Insomma il Mise resta sulle sue e pubblica on line il parere emanato l’indomani della comunitaria 2008 che ha, nel bene e nel male, posto limitazioni alla vendita degli alcolici. Come faccia il Mise a sostenere che nulla muta rispetto il passato in quanto le nuove disposizioni non fanno altro che inasprire le precedenti sanzioni. Che dire? Insomma non serve essere giuristi per sapere che Lex posterior derogat priori ovvero uno dei principi o criteri tradizionalmente utilizzati dagli ordinamenti giuridici per risolvere le antinomie normative: il criterio cronologico. In base a questo criterio, in caso di antinomia tra due norme giuridiche prevale quella che è entrata in vigore successivamente, ossia quella più recente. La norma anteriore cessa quindi di produrre i suoi effetti con l'entrata in vigore della norma posteriore. Tra l’altro, le disposizioni del Regolamento Tulps che il Mise chiama in aiuto sono di rango secondario, rispetto alla legge e, quindi, senza alcun dubbio sostituite dalla norma successiva di rango superiore. Ben se n’è accorto il legislatore che con la legge comunitaria 2009, già approvata dalla Camera ed inviata al Senato a metà settembre ma non ancora licenziata, ha cercato di porre le pezze.

Gli altri parerei riguardano la vendita dei prodotti agricoli, i requisiti professionali per la vendita dei prodotti alimentari e gli orari di apertura dei locali.

<<Torna all'elenco

© è vietata ogni riproduzione del materiale presente su questo sito - è comunque possibile linkare pagine interne del sito