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Il DURC e le Regioni
E’ fatta! Votata la fiducia, oggi la Camera dovrebbe votare la finanziaria 2010 che, come già preannunciato modifica la disposizione relativa al DURC. Ancora un passaggio al Senato ed è legge. Sarà licenziata una disposizione palesemente incostituzionale perché la verifica del DURC, ovvero la verifica della regolarità contributiva sarà applicata a macchia di leopardo, mentre i commercianti su area pubblica possono, difatto, operare in tutto il territorio nazionale. Insomma: ingiustizia è fatta. Le regioni più attente alla problematica (e non è difficile immaginare Lombardia e Veneto in primis) adotteranno la disposizione e, di conseguenza, i residenti in queste regioni necessariamente si metteranno in regola. Ma ………….. in queste regioni, potranno operare anche operatori provenienti dalle regioni in cui la disposizione non si applica. Non sarebbe più semplice prevedere una disposizione ad hoc, slegata dalla disciplina sostanziale commerciale, che renda obbligatorio l’adempimento agli obblighi contributivi per tutte le attività di lavoro autonomo, legando a tale adempimento la validità della autorizzazione? Oggi, nell’era dell’informatizzazione della PA, non dovrebbe essere difficile creare un data base di tutti gli operatori su aree pubbliche nella quale INPS, INAIL e comuni inseriscono i relativi dati. Non c’è corrispondenza, l’autorizzazione viene ritirata e sarà restituita qualora saranno assolti i relativi obblighi.
In sostanza, se esiste la volontà, esiste anche la possibilità di risolvere il problema. Tutto il resto è demagogia e ben lo sanno i comuni, che – nella prima fase di applicazione della disposizione che sarà sostituita – hanno cercato in un modo o nell’altro, di mettere le pezze ad una legge malscritta.
Comunque, saranno le regioni ad occuparsi del DURC per gli ambulanti. L’approvazione del nuovo testo che andrà a sostituire la disposizione introdotta con la legge 102/2009 di riconversione del dl anti-crisi 1 luglio 2009, n. 78 pone fine alla querelle che aveva visto coinvolti, da un lato il Ministero del lavoro il quale, con parere del 12 ottobre 2009 della Direzione generale per l’attività ispettiva, sosteneva l’inapplicabilità della disposizione che rappresentava solo un mero indirizzo per le regioni, dall’altro il Ministero dello sviluppo economico che, invece, in una nota del 6 novembre affermava che la disposizione relativa all’accertamento della regolarità contributiva fosse soltanto una ulteriore verifica dei presupposti necessari per l’avvio e l’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche. Da qui la necessità di garantire equità e parità di trattamento e di assicurare il carattere unitario nazionale dei requisiti per l’accesso e per l’esercizio delle attività professionali e, quindi, secondo il Mise, la disposizione andava applicata anche in assenza di espressa previsione normativa regionale. La questione riguarda il riparto della potestà legislativa che è stato modificato nel 2001 con la legge cost. 3/2001. Con la variazione del Titolo V Cost. la disciplina delle attività economiche rientra nella sfera di competenza regionale e, quindi, la norma relativa all’obbligo del DURC poteva, senza ingenerare le complesse problematiche che sono sorte, essere applicata soltanto nelle regioni che non si erano dotate di una propria disciplina.
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