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Bolkestein: diamoci da fare
Sembra proprio che al Ministero dello sviluppo economico il precedente del DURC per gli ambulanti e la correzione di rotta disposta dalla finanziaria 2010 non sia servito a niente. Il Governo modifica la disciplina statale per le attività economiche, in attuazione alla direttiva Bolkestein, ma non tiene conto che - nel frattempo – la maggior parte delle regioni si sono dotate di una propria autonoma normativa, dopo la modifica del titolo V della Costituzione che ha attribuito alle stesse la relativa potestà normativa. Insomma, invece di dettare le disposizioni pro-concorrenziali che possono prevalere sull’ordinamento regionale in forza del fatto che la competenza in materia di tutela della concorrenza è dello Stato e di origine comunitaria, è stata disposta la modifica testuale di leggi che si applicano soltanto in alcune regioni d’Italia. Lo schema di decreto legislativo licenziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri la settimana scorsa e che adesso dovrà passare il vaglio della Conferenza unificata Stato, regioni e comuni oltre le competenti commissioni parlamentari, introduce comunque alcune significative novità che comporteranno – qualora approvate - non poche problematicità interpretative e applicative. La questione più complessa è quella relativa alla determinazione dei requisiti di accesso all’attività commerciale. Il Governo, nello schema di decreto approvato individua i requisiti morali che devono essere posseduti per poter aprire un negozio, ma dimentica di specificare, invece, i requisiti professionali. Attualmente oggi ogni regione ne ha di propri, mentre i requisiti di accesso alle professioni sono di competenza statale e di conseguenza dovrebbero essere uniformi in tutto il territorio nazionale. Nulla di fatto, invece, per l’attesa liberalizzazione dei pubblici esercizi prevista nella prima stesura del decreto e che, ad esempio, la regione Toscana ha già introdotto. In sostanza, per questo comparto nulla muta rispetto al divieto di una programmazione legata a motivi economici che era già stato stabilito nel 2006 con le modifiche che avevano preso il nome di lenzuolate Bersani dal nome del Ministro che, allora, le sostenne (d.l. 223/2006 riconv. 248/2006 e d.l. 7/2007 riconv. 40/2007). Grosse novità anche per la dichiarazione di inizio attività prevista dall’ar. 19 della l. 241/1990, comunemente ormai nota con il suo acronimo DIA ma procedimento la cui applicazione è ancora fumosa e contraddittoria. Sta di fatto che per diverse attività economiche, originariamente assoggettate a mera comunicazione, quale l’apertura di uno spaccio, l’installazione di apparecchi automatici, la vendita per corrispondenza – tanto per citarne alcune – d’ora innanzi sarà necessario presentare una DIA, anziché la comunicazione originariamente prevista; tutto ciò anche se la DIA, normativamente, sostituisce le autorizzazioni nei casi in cui per la pubblica amministrazione non sussistono valutazioni discrezionali da operare. In sostanza, per molte attività viene fatto un passo indietro.
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